Enigma della politica dei due pesi e due misure. Dal 2013 in Toscana c’è una legge regionale che prevede un “dibattito pubblico” in caso di opere di iniziativa statale che richiedano investimenti superiori ai 50 milioni di euro. E va benissimo. Ce n’è un’altra della Puglia, fresca fresca (luglio 2017), che fa lo stesso e invece va male, malissimo. Tanto che il governo la prende letteralmente a picconate impugnandola davanti alla Corte Costituzionale. La cosa singolare è che le due leggi sono quasi una fotocopia. Entrambe, per dire, limitano il dibattito in caso di interventi urgenti motivati da calamità, manutenzioni ordinarie e straordinarie, pericolo imminente etc. Entrambe, rispettivamente agli articoli 7 e 8, individuano un comune nucleo di infrastrutture tra reti stradali e ferroviarie, elettrodotti, impianti per il trasporto o lo stoccaggio di combustibili, porti e aeroporti, bacini idroelettrici e dighe, reti di radiocomunicazione. Salvo uno, e forse il punto sta poi tutto qui: la legge pugliese aggiunge la categoria “g” relativa a “trivellazioni a terra e a mare per la ricerca e produzione di idrocarburi”. E tanto basta perché, a differenza dell’originale di cui è copia, finisca direttamente all’attenzione della Suprema Corte.

Lo ha deciso il Consiglio dei ministri di ieri, venerdì 8 settembre, nel quale l’esecutivo ha fatto il punto su 17  leggi regionali approvate a luglio cassando, di fatto, solo quella pugliese. Secondo il governo la legge regionale viola in più punti gli articoli 117 e 118 della Costituzione, che disciplinano le diverse competenze legislative tra Stato e Regioni. Più nel dettaglio, il governo fa notare la violazione della competenza legislativa riguardante la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali. Determinazione su cui lo Stato ha legislazione esclusiva. Inoltre la legge regionale contrasta “con i principi fondamentali in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”. Così quella che Emiliano definiva “la legge migliore del mondo” per il governo sembra essere la peggiore di tutte, anche se a ben guardare è davvero molto molto simile a quelle di altre regioni, tra tutte quella Toscana, da cui arriva mezzo governo di derivazione renziana. Ecco perché il governatore, e non solo, hanno tutto l’agio di buttarla in politica rivendicando di subire un trattamento “speciale” da parte del governo. “Deve essere vero che siamo un posto speciale e che dobbiamo per questo accettare una speciale sorveglianza“, ha detto commentando la decisione di Gentiloni. “Eppure – ha sottolineato il governatore – la nostra legge è identica sul punto a quella della Toscana che pure non è mai stata impugnata dal governo. Per ragioni che non comprendo – ha concluso – il Governo ha più paura della libera discussione dei pugliesi che di quella dei toscani”.

Sul punto però Michele Emiliano ha ragione e torto insieme. A onor del vero anche la legge toscana sulla partecipazione fu impugnata dal governo di allora come fa quello di oggi con la sua, deferita nel giro di due mesi proprio davanti alla Suprema Corte. Approvata il 2 agosto 2013 fu impugnata dall’esecutivo Letta nel Cdm del 27 settembre 2013. Attenzione però: quella voluta dal governatore Pd Enrico Rossi non veniva deferita ai giudici per questioni di competenza statale o locale, come nel caso di quella made in Bari, ma per una mera questione di gettoni. All’art. 6 la legge approvata a Firenze prevedeva infatti un gettone di presenza di ben 300 euro a seduta (fino a quattro al mese) per tutti i componenti dell’Autorità di garanzia e controlla sulla partecipazione che veniva istituita dalla legge. E’ precisamente (e soltanto) questo aspetto a finire nel mirino del governo, non altri. Perché quel gettone era contrario ai buoni “principi di finanza pubblica e al contenimento delle spese di funzionamento degli enti pubblici regionali”. In pratica, alla famosa spending review di Mario Monti.

La legge toscana fu poi cambiata e aggiornata proprio in quel punto il 6 maggio 2014, eliminando i gettoni e lasciando il rimborso delle spese. Questione che neppure si pone nella omologa legge approvata dalla Puglia tre anni dopo, che sul punto prevede analogo “organismo di garanzia” i cui componenti però “svolgono la loro funzione a titolo gratuito” (art. 11 comma 5). Così, anche non volendo prendere posizione nella disfida in corso, emerge chiaramente quanto sia poi ambiguo il tentativo del governo di randellare Emiliano sui principi delle legge che aumenta la partecipazione rischiando di condizionare in qualche modo due partite sulle quali è in corso da sempre un braccio di ferro tra governo centrale e regionale, e sia tra l’anima governativa del Pd e quella barricadera del presidente Emiliano. Che a questo punto, però, avrà agio di ricordare come la stessa legge, praticamente identica, sia già finita al vaglio dei giudici costituzionali e per motivi affatto diversi da quelli che gli vengono contestati oggi. Che in Puglia sono motivo di impugnativa, in Toscana da tre anni – salvo questioni di gettoni – non sono mai stati un problema.

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