E il settimo giorno Dio, prima di riposarsi, avendo un po’ la coscienza sporca, creò la psicoterapia e vide che era cosa buona e giusta. Non me ne vogliate, se utilizzo con ironia un famoso passo della Genesi, sono convinto che, eventualmente, anche lassù faranno un sorriso e che le fiamme dell’inferno mi saranno risparmiate, almeno per questa volta, o almeno per questo motivo.
Alzi la mano chi non è mai andato in terapia! Caspita siete in tanti! Dovreste andarci solo per chiedervi come mai non ci siete ancora stati. Certo che sono di parte, ma di entrambe le parti, quella del terapeuta e quella del cliente, fortuna riservata a pochi che hanno scelto non solo di sorbirsi i problemi della vita come tutti, ma di trovarvi anche le motivazioni e di accogliere quelli degli altri. I punti interrogativi non mancano nella vita, li spacciano come segni di interpunzione, ma in realtà sono stati mentali a tutti gli effetti. Potreste giustamente pensare che scegliere di non farseli bastare sia un chiaro segno di disagio.
Lungi dal pensare che gli psicologi scoppino di salute mentale, se ben formati, è proprio attraverso il loro malessere che riescono ad aiutare l’altro e a dare un senso al proprio. La salute mentale non è assenza di malessere, ma la sua presenza consapevole. Ogni relazione è un rischio e quello del terapeuta è il mestiere più rischioso al mondo.
Si smetta di pensare alla psicoterapia come un rimedio esclusivamente per la patologia. Certo tenta di esserlo, ma la sua funzione non è solo in questo perché la psicoterapia è potenziamento delle proprie risorse e capacità di riflessione, qualsiasi siano le basi di partenza, nel momento in cui esiste la motivazione a mettersi in gioco e a potersi pensare diversamente, farsi altro nella mente per poi farsi altro nei rapporti interpersonali.
La psicoterapia lavora con il patologico, ma non patologizza ogni cosa che tocca. Sebbene sia di supporto nelle situazioni più tragiche, in esse non trova il suo esclusivo campo di intervento. Queste sono state una buona palestra: saper sollevare 100 kg non significa che non si sia più in grado di sollevarne 10 o che non sia necessario.
Una certa dose di malessere è inevitabile nella vita di ciascuno. Tante volte lo fronteggiamo da soli, a volte è gradito un supporto da parte chi ci vuole bene, altre volte ancora si chiede un aiuto professionale e tutte e tre le situazioni vanno bene, costituiscono delle risposte sane a delle difficoltà. Non chiedere aiuto, quando se ne ha bisogno, può rappresentare una soluzione peggiore del problema che ci affligge. La solitudine, quando non voluta, annienta.
Le possibili resistenze nel chiedere una mano non sono mai immotivate, l’ambiente in cui si è vissuto non sempre tutela. Molti problemi nascono da esperienze passate e nessuno garantisce che le nuove possano essere diverse dalle precedenti. Ecco perché fa la differenza come si reagisce alle situazioni più che le situazioni stesse. Non ho potere sulla realtà esterna, ma ho potere su di me.
L’intervento psicologico è una stampella che consente di camminare, quando le gambe da sole non lo consentono. Quando però, si è perfettamente in grado di muoversi, può costituire un buon paio di scarpe che migliorano e rendono comodo e agevole arrivare a delle mete che raggiungeremmo anche scalzi, ma meno velocemente e con qualche callo. E perché fermarsi a delle buone scarpe? Per qualcuno la psicoterapia è la propria Ferrari: non darà il prestigio sociale della vettura reale, ma fidatevi che il prestigio mentale vi fa vivere meglio.