Avanti tutta con la proposta Pd sulla legge elettorale, il sistema metà proporzionale e metà maggioritario. La direzione appare segnata, la conferma arriva dal segretario Matteo Renzi che – forse con un eccesso di ottimismo, visto com’è andata finora – vorrebbe vedere la discussione in Aula già il 29 maggio come previsto dal calendario deciso da Montecitorio dopo l’ennesimo appello del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “Basta perdite di tempo” dice Renzi, dimenticando che in questi cinque mesi di discussione a Montecitorio proprio il Partito democratico – partito di maggioranza relativa – non ha mai fatto niente per accelerare la discussione. Peraltro le proposte di legge depositate dai parlamentari democratici in commissione sono in doppia cifra e sono di ogni tipo.

Dopo il ritiro del testo che indicava come schema l’Italicum modificato dalla Corte costituzionale, è cambiato anche il relatore: non più il presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera Andrea Mazziotti (che aveva presentato quella proposta di legge) ma Emanuele Fiano che in commissione è capogruppo del Partito democratico. Forza Italia e Cinquestelle avevano chiesto a Mazziotti di rimanere nella posizione di relatore come “figura di garanzia“, ma il deputato ex Scelta Civica ha risposto che sarà comunque garante nella posizione di presidente di commissione, ma ora tocca al Pd assumersi “la responsabilità di portare avanti la propria proposta”.

Fiano presenterà il nuovo testo base in serata, mentre la tempistica sarà decisa domani. “Dopo mesi di rinvii – esulta Renzi su facebook – la Camera ha deciso di andare in aula il 29 maggio. Questo permetterà, per regolamento, di avere tempi contingentati e di approvare la nuova legge nei primi giorni di giugno. Come Partito Democratico lanciamo un appello a tutti gli altri: per favore, non perdete altro tempo. Diteci dei no o dei sì, fate emendamenti, avanzate controproposte. Ma non rinviate ancora la data del 29 maggio”.

Il sistema proposto dal Pd cambia nome sui giornali quasi ogni ora: Verdinellum, Rosatellum, ora Fianum, ma è ormai deciso: prevede che per la composizione di metà Parlamento si userà un sistema maggioritario (com’era per la gran parte il Mattarellum quindi sfide tra candidati dei vari schieramenti in collegi), mentre per la composizione dell’altra metà si userà un sistema proporzionale con liste bloccate ma in versione “mini” (4 candidati per ciascuno dei circa 100 collegi), come suggerito dalla Corte Costituzionale quando ha riformato il Porcellum. La soglia di sbarramento di partenza sarà al 5 per cento (nel Mattarellum era al 4 e nell’Italicum al 3). Uno degli aspetti positivi è che non c’è lo scorporo, che invece era presente nel Mattarellum: un meccanismo sottraeva (scorporava, appunto) i voti presi dai partiti nei collegi del maggioritario da quelli della parte proporzionale, così da favorire i piccoli partiti. La scheda all’elettore sarà unica, nel senso di una per ogni Camera. Sulla sinistra si dovrà segnare il nome del candidato preferito nel collegio uninominale. Sulla destra si dovrà marcare il simbolo del partito per la quota proporzionale. Ma questi sono solo i tratti principali, secondo quanto anticipato dall’Ansa.

Secondo il capogruppo del Pd alla Camera Ettore Rosato la prima approvazione, a Montecitorio, potrebbe arrivare entro la prima metà di giugno. “Noi crediamo che alla Camera avremo una larga maggioranza e abbiamo la convinzione di costruire un consenso anche al Senato”. A proposito di Senato, i Cinquestelle e i fittiani hanno anticipato come potrebbe arrivare il “soccorso” al Pd. “Ci sono voci ricorrenti che in Senato stia per nascere un nuovo gruppo parlamentare per favorire l’approvazione della legge elettorale” ha spiegato Rocco Palese. “Una bufala” ha replicato Rosato. L’unico dato certo è che al Senato sulla carta le forze che si sono già espresse a favore del Rosatellum (Pd, Lega Nord, Ala) raccolgono in tutto 127 voti, quindi meno di 40 in meno della maggioranza dell’assemblea di Palazzo Madama. Tuttavia ci sono un centinaio di voti “liberi”, per così dire, com’è tipico della fine di una legislatura: solo nel Misto ci sono 33 senatori, ma nel “misto sui generis” che è il Gal (Grandi Autonomie e Libertà, dov’è confluito un po’ di tutto) ce ne sono altri 22, nel gruppo Autonomie e minoranze linguistiche sono in 18. Se si aggiunge anche Alternativa Popolare (la cui ala renziana potrebbe dare un aiutino) si arriva a 100 voti tondi. Un bacino da cui il Pd può pescare a piene mani.

E quindi ora la critica fatta nei giorni scorsi da Renzi nei confronti di M5s e Forza Italia, sostenitori dell’Italicum “costituzionalizzato”, è diventata l’arma di Danilo Toninelli e Renato Brunetta che dicono quasi la stessa cosa. “Il Pd si appresta a far approvare il Verdinellum con l’appoggio di quei cespugli che dice di voler eliminare” dice l’esponente grillino che chiama la legge Anticinquestellum. “Si sa – aggiunge – che sta nascendo in Senato un nuovo gruppo di voltagabbana pronti ad appoggiare la legge elettorale voluta da Renzi”. Tanto che secondo Toninelli “in Senato la abbasseranno al 3% per salvare i cespugli amici di Renzi”. Brunetta rincara: “Il Pd pensa con questo modello di ottenere facilmente l’egemonia mentre in realtà rischia di far prevalere i cespugli o l’antipolitica“.

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