Solo lunedì la Banca d’Italia ha reso noto che a marzo il debito pubblico ha toccato un nuovo massimo storico. Ora l’Ufficio parlamentare di bilancio ha calcolato che negli ultimi ventuno anni il rapporto tra debito e pil è cresciuto di 15,7 punti, da 116,9 a fine 1995 a 132,6 a fine 2016. E’ il risultato di una diminuzione di 17,1 punti nel periodo precedente alla Grande recessione, dal 1996 al 2007, e di un aumento di 32,8 punti negli anni successivi.

Dall’approfondimento sull’evoluzione del debito emerge che nel periodo 1996-2007 il contributo della spesa per interessi, 75,5 punti, è stato più che controbilanciato dal contributo dell’avanzo primario (-36,9 punti), dall’impatto della crescita nominale del pil (-51,8 punti) e dall’aggiustamento stock-flussi (anch’esso negativo per -3,9 punti). Nel periodo successivo alla crisi, 2008-2016, il contributo della spesa per interessi alla crescita del rapporto è stato di 41 punti, cui si è aggiunto quello dell’aggiustamento stock-flussi che è stato positivo, a differenza del periodo precedente, per 8 punti, quasi metà dei quali riconducibili agli esborsi dell’Italia per il sostegno finanziario dei paesi dell’area dell’euro. La crescita del rapporto è stata attenuata dal contributo dell’avanzo primario (-11,1 punti) e da quello di una debole crescita nominale del pil (-5 punti).

Tra i paesi in esame, quattro a fine 1995 presentavano un debito vicino o superiore al 100 per cento del pil (Belgio, Giappone, Grecia e Italia). Per tre di questi è stato molto elevato, superiore ai 100 punti, il contributo della spesa per interessi alla crescita del rapporto nel ventennio. Al contrario, per il Giappone tale contributo è stato inferiore a 50 punti. Dei quindici paesi considerati, sette hanno nel complesso conseguito un avanzo primario. I più ampi sono stati registrati in Belgio (oltre 60 punti), Svezia e Italia (quasi 50 punti). Elevato anche l’avanzo primario della Finlandia, 57 punti, ma quasi interamente controbilanciato da un aggiustamento stock-flussi di segno opposto. Avanzi inferiori ma significativi in Germania, Olanda (18 punti) e Austria (13 punti). Per gli altri paesi si registrano, nel complesso del periodo, disavanzi primari: quasi 20 punti in Francia e Spagna, oltre 20 negli Stati Uniti, quasi 30 nel Regno Unito. Il disavanzo primario maggiore è quello del Giappone (superiore a 80 punti).

L’impatto della crescita nominale del pil, di riduzione del rapporto, risulta più ampio in Irlanda (93 punti), Belgio (72 punti), Stati Uniti (63 punti) e Italia (57 punti). Per Stati Uniti e, soprattutto, Irlanda questo risultato dipende dalla crescita del pil relativamente elevata. Per Italia e Belgio incide il fattore di scala costituito dal rapporto debito/pil mediamente alto. Per gli altri paesi l’impatto della crescita nominale del pil è compreso tra 35 e 50 punti. L’eccezione è, di nuovo, il Giappone con un contributo di soli 10 punti, frutto di una dinamica del pil nominale che in ventuno anni è cresciuto solo del 4,8 per cento.

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