Bruciare tutto. Partiamo da qui. No, non nel senso di dare fuoco a tutto quanto, anche se visto l’argomento che finiremo per trattare la tentazione sarebbe proprio quella di bruciare tutto, ma nel senso del romanzo Bruciare tutto di Walter Siti. Se n’è parlato molto, nei giorni scorsi, a proposito di una presunta querelle tra lo scrittore e la filosofa Michela Marzano, avvenuta prima sulle pagine dei quotidiani nazionali, poi a Tempi di libri, dal vivo. Il punto era semplice, Siti ha pubblicato un libro in cui si raccontano le turpi gesta di un prete pedofilo, finendo per, in qualche modo, tenere le parti del protagonista del suo libro. La Marzano, che non è un critico letterario ma si è lo stesso sentita di dire la sua, ha accusato Siti di aver toccato con troppa bonarietà temi così scottanti, rischiando di giustificare l’ingiustificabile. Il tema è ovviamente delicato: può la letteratura mostrare il male facendo sembrare affascinante? La risposta, ovviamente, non è quella data dalla Marzano, ma è sì. La letteratura può tutto, anche far parlare un prete pedofilo e spingere il lettore a simpatizzare per lui. Non è la letteratura a dover esprimere un giudizio, ma chi legge. O chi ascolta. E qui arriviamo a noi. Bruciare tutto. Ma bruciare tutto davvero, perché se è vero, ed è vero, che la letteratura può tutto, anche farci flirtare col male, la musica non deve, non può, specie la musica di merda. Non può, quindi, abusare di noi, né può la critica permettere alla musica di far passare per legittimo tutto quanto, a volte deve prendere una posizione radicale, netta.

Succede che Enrico Papi, non soddisfatto di averci ammorbato per decenni dentro la televisione, tornato momentaneamente in auge per le sue partecipazioni a programmi come Tale e Quale Show e Ballando con le stelle, e per aver partecipato, lui che tanti danni ha fatto con Sarabanda, al video di Rovazzi Tutto molto interessante, decida di mettersi a fare musica in proprio. Bruciare tutto, già è chiaro. Non basta, succede che Enrico Papi decida di farlo cantando, si fa per dire, una canzone proprio alla Rovazzi, dance ma dance davvero brutta, in cui, per di più, con l’intento di apparire simpatico e ironico, finisce quasi per essere serio, e prendersi sul serio. Succede che, ascoltandola, l’ascoltatore comune, ma anche il critico musicale, come in una pagina di Cuore di Tenebra di Conrad, abbia un confronto diretto con l’abisso, col male.

Succede che il male, incarnato in questa canzoncina davvero orribile, si propaghi, attraverso la rete, attraverso le radio. Succede che il male, rivenduto come qualcosa di simpatico, volendo anche di divertente, diventi qualcosa di familiare, da prendere alla leggera, naturale. Così non può essere. Moseca, questo il titolo della canzone, è il male. Enrico Papi, a discapito del nome, è il male. Non contento di averci devastato con la televisione ora ci devasta con la musica. Bruciare tutto, questa la soluzione. E in assenza del fuoco va bene anche rispondere colpo su colpo, tu mi fai sentire Moseca? Bene, io verrò a leggerti passi di Walter Siti al citofono, tanto so dove abiti. Chiodo schiaccia chiodo, non c’è altra soluzione.

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