Cassa Depositi e Prestiti ringrazia il ministro Pier Carlo Padoan che, in due mosse, ha rafforzato il bilancio della Cassa e si è garantito la disponibilità per operazioni di sistema costose e dalle sorti incerte. Il passaggio del 35% di Poste Italiane sotto il cappello del gruppo guidato da Fabio Gallia e la rinegoziazione con il Tesoro della remunerazione del conto corrente di tesoreria hanno infatti permesso a Cdp di tornare a macinare profitti (un miliardo nel 2016 contro la perdita da 900 milioni di un anno prima). In questo modo, la Cassa è riuscita a centrare gli obiettivi del piano 2016-2020 e potrà remunerare i suoi soci, il Mef e le fondazioni bancarie. Non solo. Le due operazioni hanno rafforzato le spalle della Cdp che ha così potuto giocare il ruolo di longa manus del governo in operazioni “strategiche” come l’acquisto della quota di Saipem dalle mani dell’Eni o il salvataggio di Ilva “dando un futuro alla siderurgia italiana” come ha spiegato Gallia a margine della conferenza stampa sui risultati 2016.

Nel giro di dodici mesi, la cassaforte pubblica dei risparmi postali degli italiani ha infatti decisamente cambiato pelle. Il risultato è che il bilancio 2016 ha potuto contare anche sui dividendi (180 milioni) staccati dalle Poste che il Tesoro ha voluto recentemente spostare dal Mef alla Cdp, con un’operazione non priva di conflitti di interesse. Ma l’aspetto più significativo è che il margine d’interesse 2016 è letteralmente schizzato (+162%) rispetto ad un anno fa “nonostante un contesto di tassi di mercato sfavorevole”. Il motivo? Per effetto di non precisate azioni manageriali, dell’ottimizzazione delle fonti di raccolta, di una più efficiente gestione della tesoreria e soprattutto “dal parziale adeguamento delle modalità di remunerazione del conto corrente di Tesoreria all’attuale dinamica dei tassi”. Di che cosa si tratta esattamente? La Cdp deposita i suoi 161 miliardi di liquidità su un conto corrente fruttifero aperto presso la Tesoreria centrale dello Stato. Nel 2016 il ministro Pier Carlo Padoan ha accordato alla Cdp un tasso di remunerazione dello 0,4% contro il precedente 0,26%. Il che si è tradotto in un introito aggiuntivo 2016 per Cdp di circa 200 milioni. La cifra avrebbe potuto essere anche superiore se non fosse stato perché la liquidità 2016 è scesa del 4,1%, mentre sono lievitate (+10,1% a 32,6 miliardi) le partecipazioni azionarie “principalmente in relazione al conferimento del 35% di Poste Italiane” come si legge nella nota sui dati 2016 diffusa dalla società pubblica che raccoglie ben 331,8 miliardi (+ 2,7%), di cui 250,8 miliardi agli sportelli postali .

Con l’operazione Poste e la rinegoziazione del tasso di tesoreria, Cdp è riuscita quindi a centrare il primo ambizioso obiettivo di redditività del piano firmato dall’ad Fabio Gallia e dal presidente Claudio Costamagna. Ha anche potuto mobilitare 30 miliardi di risorse per l’economia italiana. Ma si è opposta ad entrare nel capitale del Monte dei Paschi di Siena perché, come ha spiegato Costamagna, “ saremmo diventati un gruppo bancario e non avremmo potuto più detenere, ad esempio, la quota dell’Eni”. Caso diverso è invece Alitalia per il cui salvataggio Cdp è stata tirata in ballo, sia come potenziale azionista, che come ipotetico garante. “Sono giornate importanti. Non commentiamo su situazioni specifiche” ha detto Gallia che ha ammesso di aver dovuto svalutare in parte l’investimento in Atlante. A riprova che le operazioni di sistema richiedono spalle molto larghe se non si vuole intaccare la solidità di Cdp che difficilmente, secondo Costamagna, potrà trasformarsi in una società quotata.

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