Rossi. Sembra il più risoluto, ma a sinistra son tanti ad aver deluso. Aspettiamo che spiova per vedere quel che realmente accade.

Emiliano. Idem come sopra. Con una differenza: se Rossi è l’intellettuale, Emiliano è l’anti-Renzi dichiarato. Gli somiglia pure – e gli è nettamente superiore – come capacità mediatiche e guitto-cazzare. Un giorno sgancia la bomba e quello dopo pare conciliante. Se resta dentro il Pd anche dopo la vittoria del Triplomentico, perde in un amen tutto il credito guadagnato.

Bersani. Bella persona, e non è poco. Nel 2013 ha sbagliato quasi tutto. Per anni si è consegnato all’irrilevanza, abbandonato (vilmente) da quasi tutti quei pesci piccolissimi che senza di lui al massimo avrebbero aperto una friggitoria a Policiano. Da mesi pare però grintoso, sebbene a intermittenza, e quando vuole sa colpire al cuore. C’mon Pier Luigi.

Speranza. Ho sempre pensato che, quel cognome, non se lo potesse permettere.

Orlando. Boh.

Delrio. Il fuorionda era bellissimo.

Franceschini. In realtà è lui quello che comanda. Pensa come son messi.

Fassino. Quel che lui tocca, diventa Renzi.

Pisapia. E’ stato un bel sindaco, per poi finire stampella renziana. Ripigliati, Giuliano.

Cuperlo. Il pontiere per antonomasia, re del penultimatum ed equilibrista per partito preso. Quanto talento sprecato. Deliberatamente. Peccato.

Scalfarotto. Chi?

Carofiglio. Se è lui la risposta renziana alla fuga degli intellettuali dal Pd, gli avversari possono dormire sereni.

Gualmini. Ciao, Betty. Te lo ricordi il 4 dicembre? Io sì. Ed è ancora torcida inesausta. Si vola.

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