Alla voce Cina del dossier 2016 firmato da Nessuno tocchi Caino risaltano subito due dati: la Repubblica popolare è Paese mantenitore della pena di morte con due modalità di esecuzione abitualmente in uso, il colpo di pistola e l’iniezione letale. Al boia cinese non manca il lavoro, è primatista mondiale di esecuzioni, malgrado l’applicazione della pena capitale sia in costante diminuzione.

I dati ufficiali sulle condanne a morte sono coperti dal segreto di Stato, tuttavia trapelano più informazioni che in passato, la Fondazione statunitense Dui Hua ha stimato che la Cina ha giustiziato circa 2.400 persone nel 2015, lo stesso numero di esecuzioni stimato nei due anni precedenti. È un dato che paradossalmente va letto in chiave positiva poiché segna un calo del 20% rispetto alle circa 3.000 esecuzioni del 2012 e una riduzione ancor più significativa rispetto alle 6.500 nel 2007.

Certo non è un cambio di rotta significativo, la Cina solo poche settimane fa ha confermato il voto negativo verso la Risoluzione per la Moratoria universale delle esecuzioni capitali, dal canto loro, le organizzazioni internazionali di avvocati, insieme alle associazioni per la tutela dei diritti civili, mantengono le antenne ben tese per denunciare le politiche repressive delle libertà fondamentali e gli innumerevoli casi di violazione dei diritti umani.

Alla tutela dei diritti fondamentali tende l’iniziativa dell’Unione internazionale degli avvocati, la più antica associazione forense avente carattere universale, che per il prossimo 24 gennaio ha convocato manifestazioni nelle principali città europee in difesa degli avvocati cinesi impegnati nel campo dei diritti civili. L’evento prende spunto dal caso emblematico di Li Chunfu, un giovane avvocato detenuto dalla polizia nell’agosto del 2015 nell’ambito della campagna repressiva – conosciuta come 709 crackdown” – avviata contro oltre 300 toghe che si occupano di diritti fondamentali. Impegno visto dalle autorità cinesi come atto di “sovvertimento dell’ordine statuale“, accusa pesantissima, formalizzata l’8 gennaio dello scorso anno nei confronti di Li Chunfu il quale fu sottoposto a una carcerazione preventiva di 17 mesi, in assoluto isolamento e con forti pressioni psicologiche, senza possibilità di colloqui con il proprio legale al quale era negato addirittura ogni accesso al fascicolo d’ufficio.

È il sito www.dayoftheendangeredlawyer.eu a spiegare perché the day of the endangered lawyer (la giornata dell’avvocato minacciato) è quest’anno dedicato alla questione cinese dove la classe forense fatta di 300mila professionisti è quotidianamente sottoposta – sottolinea il portale – a discriminazioni, a pressanti controlli da parte delle autorità, al diretto monitoraggio di un corpo speciale di polizia, alle restrizioni nei movimenti dei professionisti e delle loro famiglie.

Così il 24 gennaio è il giorno in cui uno stesso filo rosso unirà Bruxelles, Madrid, Parigi, L’Aja e Milano per provare a preservare la toga come un baluardo di libertà, come afferma lo slogan della Camera penale meneghina che ha organizzato anche un sit-in innanzi al Consolato cinese.

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