È passato un altro 10 dicembre. Era il 10 dicembre del 1984 quando le Nazioni unite adottarono la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli inumani o degradanti. Trentadue anni fa l’Italia firmò un Trattato che obbligava “ad adottare misure legislative, amministrative, giudiziarie ed altre misure efficaci per impedire che atti di tortura siano commessi nel territorio sottoposto alla sua giurisdizione”.

L’Italia, però, non ha adottato nessuna di queste misure, né legislative, né amministrative e di conseguenza neanche giudiziarie. L’Italia è un Paese illegale, non rispetta i vincoli e le norme che la comunità internazionale ha stabilito nel nome dei diritti umani.

I diritti umani vanno promossi e protetti su scala globale. I crimini contro l’umanità vanno perseguiti ovunque e comunque. Ma non è invece possibile perseguire come si deve un torturatore che si rifugi in Italia. La tortura da noi non è un delitto.

Proprio in questi giorni nel nostro Paese si sta concludendo il processo Condor. Un processo epocale, contro le dittature fasciste del Sud America degli anni Settanta del 900. Il Plan Condor era il Piano dei regimi che volevano annientare i dissenzienti, gli oppositori. Lo facevano tramite sparizioni forzate, sequestri, assassinii, tortura sistematica. Vent’anni fa iniziò un’indagine imponente contro una ventina di militari e ufficiali sudamericani. La Procura di Roma, insieme alle parti civili e ai loro legali, ha fatto un lavoro straordinario che resterà nella storia giudiziaria italiana e non solo. C’è stato il rinvio a giudizio di un ampio numero di ufficiali, uno dei quali vive libero in Italia. La Procura ha chiesto in dibattimento l’ergastolo. A breve ci sarà la sentenza.

Una sentenza che farà il giro del mondo, poiché restituirà memoria, giustizia e verità a chi ha subito drammatica violenza, dolore e morte. I giudici potranno tuttavia condannare per omicidio e sequestro di persona, ma non potranno condannare per tortura. Anche questa notizia farà il giro del mondo.

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