Un centro che separa i rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata e li prepara per il riciclo, capace di valorizzare anche materiali come le plastiche di scarsa qualità che spesso finiscono invece all’inceneritore. Il polo pisano di Revet, gruppo che offre servizi di raccolta e gestione dei rifiuti in circa 200 Comuni toscani, è il modello che la giunta M5s di Roma vuole copiare per il futuro dell’impianto di trattamento meccanico biologico dell’Ama sulla Salaria. Quello che con la sua puzza insopportabile asfissia gli abitanti dei quartieri circostanti. I comitati ne chiedono la chiusura dal 2011 e adesso propongono che la riciclo-prefabbricatistruttura ospiti uffici o un centro per la raccolta dei rifiuti ingombranti domestici, ma senza nessun tipo di trattamento della monnezza. Ma è un’ipotesi che all’assessora appare impraticabile.

Così, mentre l’impianto continua a lavorare a pieno regime, e si registrano anche vari tentativi da parte di alcuni consiglieri grillini del terzo Municipio di aumentare le quantità trattate, in Campidoglio si prepara la visita in Toscana. Dopo quella a Parma del consulente dell’amministrazione per i rifiuti Roberto Cavallo, questa volta a muoversi sarà la Muraro in persona, con l’obiettivo, spiegano i suoi collaboratori, “di mostrare come funziona l’attività di selezione del multimateriale ai rappresentanti dei comitati”. Loro però hanno già declinato l’invito: “Non ci muoviamo senza che prima nella commissione Ambiente del Consiglio comunale vengano valutate le nostre proposte, come aspettiamo da settimane. E se non riceveremo una risposta a breve siamo pronti a scendere in piazza”, dice il presidente del comitato di quartiere Fidene Sergio Caselli.

Il modello Revet
Ma come funziona il modello a cui la Muraro si starebbe ispirando per il futuro del Tmb Salario? A Pontedera, in provincia di Pisa, spiega il presidente di riciclo-compostieraRevet Alessandro Canovai, “abbiamo un impianto che separa e prepara per il riciclo Tetrapak, plastica, alluminio, ferro e vetro e una piattaforma di selezione e avvio a riciclo specifica per gli imballaggi in plastica, che li suddivide in base al tipo di polimero”. È il primo passo per dare nuova vita ai materiali, un processo che si cerca di rendere sempre più a chilometro zero: “Per il Tetrapak si completa in un impianto di Lucca, mentre per il vetro presto si chiuderà totalmente a Empoli”. La plastica più nobile, come quella delle bottiglie di acqua minerale o dei flaconi del bagnoschiuma, va in diversi impianti di riciclo, ma il fiore all’occhiello di Revet è il recupero di quella meno pregiata. È il cosiddetto plasmix: spesso destinato all’inceneritore, a Pontedera torna a nuova vita. “Nel 2013 è nata Revet Recycling, una start up che trasforma le plastiche eterogenee, tutti gli imballaggi che non sono né bottiglie né flaconi, in granuli pronti per nuovi oggetti. Sono plastiche con prestazioni paragonabili al vergine, ottime per produrre qualsiasi manufatto di plastica anche di alta gamma, come secchielli, giochi per bambini e componenti per auto e scooter o per l’edilizia”. Oggi l’impianto ne tratta 12mila, ma l’obiettivo è di raddoppiarle. Il centro, spiegano da Revet, “ha suscitato interesse perché come qui, anche a Roma la raccolta differenziata è multimateriale: plastica, vetro e metalli vanno cioè in un unico cassonetto e riciclo-secchiovengono poi divisi in un impianto ad hoc”. E da Roma confermano: “Il Tmb, causa della puzza, sarebbe sostituito da un impianto di selezione con lettori ottici. Sarebbe il primo passo per una filiera più ampia, in prospettiva si potrebbe pensare anche a un impianto per la valorizzazione del plasmix”.

“Revet e Sienambiente due società distinte”
E per i prossimi anni, Revet ha un piano di investimenti per crescere ancora: “Quindici milioni di euro che serviranno a raddoppiare la capacità dello stabilimento per il plasmix, migliorare la qualità della selezione del vetro, avviandolo così a riciclo interamente nella vetreria vicina al nostro stabilimento di Empoli e costruire un nuovo centro di selezione della raccolta differenziata a Prato”. Oggi Revet, che ha un capitale misto pubblico-privato, copre con i suoi servizi circa l’80% dei cittadini della Toscana. Di fronte all’inchiesta giudiziaria che ha coinvolto l’Ato Toscana Sud per l’appalto ventennale affidato in maniera irregolare, con una gara su misura atti di corruzione, alla Sei Toscana, nata intorno alla municipalizzata Sienambiente che detiene il 12,07% di Revet (mentre quest’ultima ha a sua volta una partecipazione dello 0,33% in Sei Toscana), dall’azienda di Pontedera si dicono tranquilli. L’ad di Sienambiente Marco Buzzichelli, raggiunto da una misura cautelare di interdizione da attività di impresa e divieto di compiti dirigenziali, si è dimesso dal cda di Revet un paio di settimane fa. “Sedeva in cda da poco tempo e comunque si tratta di società distinte” precisano dal gruppo pisano.

Nessun accordo con i comitati
Mentre in Campidoglio si lavora per approfondire il modello Revet, su tutto pesa la mancanza di un accordo tra l’amministrazione e i comitati di cittadini che vivono vicino all’impianto Tmb della via Salaria. “Il primo step è trovare una sintesi con i comitati – spiegano dallo staff dell’assessore – La questione è delicatissima perché anche loro hanno posizioni diverse al loro interno”. “Non è vero, la nostra posizione è univoca”, replica Caselli, che spiega come i cittadini siano ancora in attesa di una convocazione in commissione Ambiente dell’Assemblea capitolina: “Abbiamo incontrato l’assessore Muraro a ottobre e ci era stata promessa una convocazione entro dieci giorni. Ad oggi non abbiamo ricevuto alcun riscontro. Quindi noi in Toscana non ci andremo: prima devono essere discusse le nostre proposte e se a breve non avremo una risposta, scenderemo in piazza, come abbiamo già scritto in una email inviata anche al sindaco”. “Il sospetto – conclude – è che sia già stato tutto deciso e che la situazione potrà solo peggiorare”.

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