Altro giro. Nuovo colpo di scena. A soli due giorni dalle elezioni, James Comey, il direttore dell’Fbi, manda una lettera al Congresso e spiega che le email di Hillary Clinton – trovate nel portatile di Anthony Wiener – non hanno cambiato la decisione dello scorso luglio: Clinton non ha commesso alcun reato. Una portavoce della democratica dice che “Clinton è felice che la questione sia risolta”. Meno felice appare Donald Trump: “Non è possibile esaminare 650mila email in otto giorni”, tuona da un rally a Sterling Heights, Michigan.

La questione email – l’ultima sorpresa di una campagna costellata da scandali, accuse, improvvisi ribaltamenti di fortune – era scoppiata venerdì scorso, quando Comey, ancora con una lettera a deputati e senatori, aveva informato che, nel corso di un’altra indagine (quella sui messaggi erotici inviati da Anthony Wiener a una quindicenne) erano state trovate email che “apparivano pertinenti” all’indagine chiusa a luglio sull’uso di un server privato di Clinton da segretario di stato. I democratici avevano accusato Comey di voler favorire Trump a soli undici giorni dal voto. Trump aveva salutato l’inchiesta come l’ennesimo passo falso di “crooked Hillary”.

Ora Comey solleva Clinton da qualsiasi responsabilità. “Per otto giorni, il team investigativo dell’Fbi ha lavorato 24 ore su 24 per processare e rivedere un largo volume di email… Durante quel processo, abbiamo rivisto tutte le comunicazioni che sono state mandate a o da Hillary Clinton mentre era Segretario di stato”. La conclusione, spiega Comey, “non è diversa da quella di luglio”: niente di penalmente rilevante è stato trovato – anche se, a luglio, Comey aveva stigmatizzato la condotta di Clinton, definendola “molto imprudente”. Le mail consultate in questi otto giorni, precisa Comey, erano già state valutate nella precedente inchiesta o non hanno vera rilevanza per le indagini.

La notizia della lettera di Comey ha raggiunto la candidata democratica esattamente come era successo venerdì scorso: su un aereo, verso una nuova tappa della campagna. La prima reazione è stata affidata a Jennifer Palmieri, la sua communication director: “Eravamo fiduciosi che Comey sarebbe arrivato alle stesse conclusioni di luglio”, ha detto Palmieri, che ha fatto di tutto per mostrare distacco: “Quello che ci importa davvero ora è The Boss” (allusione alla presenza di Bruce Springsteen stasera, sul palco dell’Independence Mall di Philadelphia, con Clinton e Barack Obama). Nessun commento anche da parte di Clinton, che non ha risposto alle domande dei giornalisti e che, dal palco di un comizio a Cleveland, non ha fatto alcun cenno alla vicenda.

Minimizzare e attutire sono state del resto le parole d’ordine nel quartier generale democratico da quando il caso è scoppiato. Chi non ha voglia di minimizzare è ovviamente Donald Trump, nel pieno di un vorticoso giro di comizi dell’ultimo minuto, in Florida, North Carolinala, Nevada, Iowa, Michigan, Wisconsin, Pennsylvania, New Hampshire e persino Minnesota. “Il sistema è manipolato. Tocca a noi sconfiggerlo”, ha detto il candidato in Michigan. Se una settimana fa Trump aveva espresso giudizi lusinghieri sull’operato di Comey e dell’Fbi, questa volta il verdetto è molto meno benigno: “Non puoi rivedere 650mila email in otto giorni. Clinton è colpevole. Lei lo sa. L’Fbi lo sa. La gente lo sa ed è il popolo americano che deve fare giustizia l’8 novembre”. Trump ha anche ventilato possibili sviluppi: “A dispetto delle azioni di Comey, gli agenti di rango più basso dell’Fbi non lasceranno impuniti i terribili crimini di Clinton”.

In attesa degli sviluppi futuri, le parole di Comey chiudono comunque uno dei periodi più negativi e preoccupanti della campagna di Clinton. La notizia della riapertura delle indagini, a pochi giorni dal voto, aveva messo in discussione il vantaggio della democratica e ridato slancio alla campagna repubblicana. Le ultime ore mostrano invece una maggiore stabilità. Secondo NBC News/Wall Street Journal, Clinton entra nelle ultime ore del voto con un vantaggio di quattro punti: 44 per cento contro 40. Politico/Morning Consult la danno invece al 45 per cento, contro il 42 per cento di Trump. Sicuramente il weekend ha portato una serie di notizie confortanti per Clinton. L’afflusso senza precedenti di elettori ispanici in Florida, Nevada, Arizona dovrebbe averle dato forza in Stati decisivi per costruire una mappa elettorale vincente; anche in North Carolina gli afro-americani sono andati ai seggi per l’early voting in modo massiccio. Qualche problema Clinton potrebbe averlo in Michigan, che pareva sicuro ma dove ora Trump mostra un certo slancio. Per consolidare il vantaggio, nelle prossime ore saranno in Michigan Hillary, Bill Clinton e anche il presidente Obama.

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