Schermi più grandi e pc senza mouse, ma anche testi alternativi per le immagini o sottotitoli. Così sarà più semplice fare la dichiarazione dei redditi, richiedere un’indennità, pagare le tasse o iscriversi all’università. Il Parlamento Ue a Strasburgo ha approvato le prime norme a livello comunitario per facilitare l’accesso ai servizi pubblici sul web, in particolare a disabili e anziani. Una direttiva che a andrà a cambiare la “user experience” di 80 milioni di cittadini ed entro il 2020 riguarderà 120 milioni di persone.

Amministrazioni, tribunali, dipartimenti di polizia, ospedali pubblici, università e biblioteche dovranno quindi adottare software e strategie per siti e app che soddisfino gli standard comuni stabiliti dal testo, e adattarli a pc, smartphone e tablet. 

“Proprio come gli edifici governativi dovrebbero essere accessibili a tutti, così dovrebbe essere anche per i gateway digitali“, spiega la relatrice ceca Dita Charanzová (Alde), sottolineando però come anche “i servizi, dalle banche alle stazioni televisive agli ospedali privati” abbiano bisogno di una riforma per semplificare l’uso dei servizi online. La direttiva esclude però dalle norme le emittenti di servizio pubblico “ma questo – spiega l’eurodeputato Marco Zullo (M5s) – non deve diventare un alibi per la Rai. I siti che hanno contenuti streaming presentano difficoltà oggettive in termini di accessibilità, ma questo non significa che non si possano comunque migliorare. In questo caso, starà alla volontà politica del nostro paese”.

Una volta che la direttiva sarà recepita dagli Stati membri, gli utenti potranno segnalare attraverso un “meccanismo di feedback” le criticità di siti e delle app delle pubbliche amministrazioni che, per parte loro, dovranno spiegare perché eventuali contenuti non risultino in linea con la direttiva e aggiornare regolarmente una “dichiarazione di accessibilità particolareggiata”. In più, saranno monitorate da un’autorità scelta da ciascuno Stato membro. Chi potrebbe essere in Italia? “Questo lo deciderà il Parlamento – dice Zullo –  perché il testo non dà indicazioni su enti o ministeri incaricati del controllo”.

Alcuni contenuti non inclusi nella direttiva – come formati di file per ufficio, file media preregistrati o contenuti di siti web archiviati – dovranno però essere resi accessibili in caso di richiesta degli utenti, e la pubblica amministrazione dovrà dare una “una risposta adeguata alla notifica o alla richiesta entro un periodo di tempo ragionevole”. E chi ha inoltrato la richiesta “on demand” dovrà anche avere a disposizione un link per fare ricorso in caso di risposta insoddisfacente.

Ora i ventotto Paesi dell’Unione hanno 21 mesi di tempo per recepire la direttiva. Da allora, entro un anno, dovranno applicare le disposizioni ai nuovi siti web. Per i siti già esistenti è stato fissato il termine del 24 mesi, 33 per le app.

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