All’assemblea di classe la maestra di mio figlio ci ha chiesto di non formare gruppi Whatsapp tra genitori. Una richiesta inaspettata che mi ha fatto letteralmente saltare di gioia!

Ero appena uscita per disperazione dal gruppo Whatsapp della classe dell’altro figlio, e sapevo quanto potesse essere intrusivo, inutile e dannoso questo strumento. Sapevo che tutti i giorni, a partire dalle 14 del pomeriggio, arrivava il primo messaggio: “Che compiti ci sono oggi? Carletto ha dimenticato il compito”. E subito gli altri messaggi: “Anche Pierina non stava a sentire, sareste così gentili da inviarci le foto?”, “Tizia non ha capito come si fa a pag 18”, “Anche Giovannino ha scritto male un numero”.

A quel punto è una valanga di messaggini e foto dei compiti da fare, spiegazioni e commenti, il tutto corredato da bacini, controbacini, applausi e fiorellini. Gli ultimi tempi lo avevo silenziato, e quando andavo a guardare la sera, mi trovavo una media di 30 messaggi.

Una volta, arrivati al trentacinquesimo messaggio nel giro di poche ore, mi azzardai a chiedere: “Scusate ma una volta che Whatsapp non c’era come facevano i bambini a fare i compiti?”. Silenzio totale. Cominciai a sentirmi un tantino fuori posto.

Non solo nella classe di mio figlio, ma anche in altre scuole Whatsapp dilaga, si parla di compiti ma anche di maestre e compagni, stranieri, rom e disabili, spettegolando su tutto e tutti. Spettegolare è normale si sa, ma un conto è spettegolare con l’amica, un conto è spettegolare tra 20 persone contemporaneamente. Un vero incubo!

Anche presidi e insegnanti cominciano (finalmente) a lanciare l’allarme, cercano di convincere i genitori a non usare questo strumento, ma è una battaglia difficilissima. Se le mamme non hanno Whatsapp come si fa? Si sta attenti a scuola, e se non si sta attenti a scuola, si arriva a casa senza il compito, e se si arriva senza il compito ci si becca un bel rimprovero dalla mamma o dal babbo e quando la mamma si è calmata si telefona a un amichetto. Se l’amichetto ti risponde (e si ricorda il compito) sei salvo, sennò ti becchi un ulteriore rimprovero dalla mamma e vai a scuola senza compito. Se vai a scuola senza il compito ti prendi la tua meritata punizione dalla maestra e infine ti ricordi di stare più attento. E’ sempre stato così, scapaccioni più o scapaccioni meno.

Ora i genitori controllano, correggono, commentano, dubitano, confrontano, fotografano, paragonano, chattano mentre i pargoletti stanno passivi ad aspettare. L’ipercontrollo sui compiti genera nei bambini sfiducia e li deresponsabilizza al punto da fregarsene di quel che la maestra spiega. “Tanto poi le mamme chattano” pensano, e in fondo hanno ragione.

Così ai maestri passa la voglia di dare compiti interessanti ai bambini (tanto ci sono i genitori dietro ad aiutarli), ai bambini passa la voglia di fare i compiti (tanto li fanno i genitori), ai genitori passa la voglia di fare altro (hanno già fatto abbastanza per i loro figli). Lasciamo che i bimbi facciano i compiti da soli, lasciamogli il tempo per farlo. Se vogliamo condividere il loro sapere, portiamoli al parco ad arrampicarsi sugli alberi, scrutando le foglie e indovinando i nomi, guardiamo gli animali, leggiamo un giornale, studiamo una mappa.

Il mio vecchio cellulare ogni volta mi ricorda: “Dal 31 dicembre non potrai più visualizzare Whatsapp in questo cellulare”. So che è una delle tante strategie di marketing per spingere la gente a buttare i vecchi cellulari e comprare smartphone nuovi, ma per me è un motivo in più per non cambiarlo.

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