L’orso in fotografia sembra sorriderci e vi assicuro che non è frutto di una visione antropomorfa, ma di un dato di fatto: gli orsi ridono, esprimendo una sensazione di appagamento. Un esempio? Quando scoprono un prezioso tesoro che consiste nel ritrovare un’arnia colma di miele. “Il sorriso degli orsi è stato documentato da centinaia di fotografie, ma il significato di quel sorriso e il suo legame con la soddisfazione per qualcosa è un argomento che solo chi ha lavorato davvero a stretto contatto con questi animali può affrontare. Jill Robinson, la fondatrice di Animals Asia, è una di queste persone, che ha avuto modo di osservare larghi sorrisoni sulle facce degli animali durante il loro recupero” scrive la biologa canadese, Else Poulsen, nel suo libro Orsi che ridono.

“Abbiamo imparato a non preoccuparci delle accuse di antropomorfismo da parte della comunità scientifica mentre guardiamo gli orsi, finalmente raggianti, sorridere di piacere e giocare, convinti che, un giorno, la scienza ci darà ragione” dichiara Jill Robinson.

Il pensiero che gli orsi non possano più ridere e, soprattutto, che possano estinguersi a causa dei comportamenti sconsiderati dell’uomo è un argomento che preoccupa la comunità scientifica e la popolazione, che più volte si è schierata a sua difesa, come nel caso di Daniza, rea di aver difeso i propri cuccioli, o KJ2, accusata di aver attaccato un podista, della quale si sono perse misteriosamente le tracce.

“Un orso ha le sue ragioni per ciascuna cosa faccia, e quelle ragioni dipendono dal suo patrimonio genetico, da indizi che provengono dall’interno come dall’esterno, e dalla sua storia personale. In breve, gli orsi fanno ciò che fanno per ragioni da orso. In ogni incontro tra uomo e orso, anche quest’ultimo sperimenta, congettura e risponde in modo personale. Questi animali non sono abituati a cercare di compiacere gli esseri umani: sono indipendenti e badano ai loro affari. A mio modo di vedere, quando giudicano qualcosa lo fanno dalla loro prospettiva, proprio come noi non riusciamo a disfarci della nostra. Ogni orso fin dalla nascita dispone della flessibilità mentale e fisica necessaria per negoziare con l’ambiente in cui è destinato a vivere” spiega Else Poulsen nel suo libro.

Daniza e KJ2 hanno agito, con l’istinto, la testa e il cuore di un animale minacciato nel proprio habitat, sempre meno naturale, e sempre più compromesso e distrutto dalle attività dell’uomo. Le montagne e i boschi sono il regno degli animali selvatici; noi uomini dovremmo rispettare la Terra che abitiamo, seguendo le necessarie regole di convivenza, per non spaventare, provocare e mettere a repentaglio la nostra vita e quella degli animali. A rimetterci, spesso e volentieri, sempre e solo loro: inseguiti, braccati, uccisi, volontariamente o involontariamente, e, nella migliore delle ipotesi, rinchiusi perché definiti animali pericolosi.

Gli uomini sono in grado di vivere in ambienti fortemente urbanizzati, siamo geneticamente predisposti all’adattamento, ma un orso che vede ridurre i propri spazi, e, conseguentemente, il proprio cibo, giorno dopo giorno, può avventurarsi sino a giungere nei centri abitati, azione che potrebbe rivelarsi pericolosa per l’animale e gli uomini, per farsi, per esempio, una bella scorpacciata di amarene.

E’ il caso di Amarena, l’orsa di San Sebastiano, radiocollarata e seguita ora dal personale scientifico e di sorveglianza del Parco. Con la collaborazione del Sindaco (che ha emanato un’ordinanza), dell’Amministrazione comunale e di associazioni locali si è cercato di prevenire l’ingresso dell’orso in paese, rimuovendo la frutta, mentre ai cittadini di San Sebastiano e Bisegna è stato chiesto di evitare comportamenti che possano, inutilmente, disturbare l’animale.

Le autorità competenti, per preservare la piccola popolazione di orso bruno marsicano, non hanno esacerbato gli animi, ma hanno rassicurato gli aitanti con un’assemblea pubblica e un programma intensivo di prevenzione e dissuasione secondo quanto previsto dal “Protocollo orsi confidenti/problematici.” Per proteggere le specie a rischio sono stati redatti e adottati importanti Piani d’Azione sia per l’orso bruno marsicano (Patom), che per quello dell’Arco Alpino (Pacobace), ma la convivenza tra uomo-orso è, ancora oggi, problematica e all’origine di divergenze politiche e scontro sociale. I bisogni degli orsi e degli altri animali selvatici cozzano contro necessità e interessi percepiti dagli uomini e, inevitabilmente, nascono attriti che scatenano un’insensata caccia.

Cosa possiamo fare per evitare tutto ciò e convivere serenamente con questo animale? Quali atteggiamenti possiamo adottare per la loro sopravvivenza? A queste, e a molte altre domande, risponderanno tecnici e rappresentanti di associazioni di tutela del plantigrado presenti al convegno “Camminando con l’orso. La convivenza possibile e necessaria”, organizzato da Federtrek Escursionismo e Ambiente e Lega per l’Abolizione della Caccia – Trentino Alto Adige/Südtirol: Roberto Marchesini, etologo, fondatore della Scuola internazionale uomo-Animale (Siua), Davide Celli, Presidente dell’ass. Legio Ursa, Daniele Valfré, dell’Ass. Salviamo l’Orso, Alessandra Di Lucca, avvocato di fiducia delle sezioni Oipa di Trento e Bolzano, Luisa Tamanini, vicesindaco del Comune di Garniga Terme (TN), Francesco Mongioì, Comitato per l’Orso Trentino AltoAdige/Südtirol e Caterina Rosa Marino, Ass. LAC – Trentino AltoAdige/Südtirol.

L’obiettivo del convegno è instaurare un dialogo con le istituzioni, spingerle a produrre più materiale informativo contenente norme comportamentali e consigli utili per l’incontro con l’orso, episodio raro ma possibile, e, al contempo, lanciare un messaggio alle popolazioni locali e ai frequentatori abituali della montagna: le due specie possono e devono “camminare” insieme. L’appuntamento è il 22 ottobre a Rovereto (TN), alle ore 10:30, presso la sala conferenze della Fondazione Caritro, in Piazza Rosmini, 1.

Articolo Precedente

Clima, l’Italia e il doppio gioco sull’accordo Cop21: “Ha lavorato per avere obiettivi più soft sulle emissioni”

next
Articolo Successivo

Ponte sullo Stretto: caro ministro dell’Ambiente, c’è poco da fare i Galletti

next