Il procuratore della Corte di conti ha proposto a Morgan Stanley di pagare 2,9 miliardi di euro per chiudere una transazione su derivati stipulati con l’Italia. Lo riferisce Reuters citando una comunicazione regolamentare della banca americana, in cui si legge che la proposta di transazione, ricevuta lo scorso 11 luglio, è basata sull’ipotesi che almeno alcune delle operazioni in derivati furono “improprie“, così come la loro chiusura. “Riteniamo che questa proposta di transazione priva di basi e ci difenderemo con vigore”, ha commentato un portavoce di Morgan Stanley.

Le operazioni in derivati in questione furono originate tra il 1994 e il 2005, quando direttore generale del Tesoro (fino al 2001) era l’attuale numero uno della Bce, Mario Draghi. I contratti erano poi stati chiusi anticipatamente dal governo Monti tra il 2011 e il 2012 con un’operazione da 3,1 miliardi di euro che ha generato mille polemiche, indagini conoscitive e inchieste giudiziarie. Nel mirino della Procura generale della Corte dei Conti erano in particolare finite le clausole fatte valere dalla banca Usa nel 2011 che avevano determinato la chiusura anticipata dei contratti. In particolare il Tesoro aveva garantito a Morgan Stanley una clausola “unilaterale” Additional termination events (Ata): se si fosse trovato esposto oltre un certo livello, la banca avrebbe potuto chiedere la chiusura del portafoglio. E questo perché il Tesoro “non aveva prestato la garanzia a collaterale (contante o titoli)” prevista dall’accordo. Il ministero non l’ha fatto, perché la garanzia avrebbe fatto salire deficit e debito, che invece si voleva far scendere per entrare nell’euro.

Da qui la valutazione dei magistrati contabili secondo i quali i contratti sarebbero stati “non idonei” a stabilizzare il debito e il ministero Tesoro non avrebbe dovuto stipularli visto che la soglia era così bassa da venire superata quasi subito: “Le procedure adottate dal ministero violavano le norme di contabilità generale dello Stato” e “in diversi casi sembravano orientate unicamente e senza un valido motivo a favorire la banca”. Per due contratti (interest rate swap), poi, la ristrutturazione “venne proposta da Morgan Stanley senza un valido motivo e accettata dal Mef senza esercitare alcun ruolo attivo”. Secondo il Tesoro, la posizione con Morgan Stanley era unica e non esistono altri accordi che contemplino simili clausole di estinzione complessiva. Tra 2012 e 2015, ricorda Reuters, i derivati hanno avuto un impatto negativo sul bilancio pubblico di 21 miliardi in base a dati Eurostat.

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