E’ della settimana scorsa l’articolo “Gli sgomberi dei rom. Lo scandaloso silenzio dell’Europa” scritto da Nils Muižnieks, Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa.

«Molti europei – si legge – pensano che i rom scelgono di vivere in insediamenti fatti di baracche, in pessime condizioni, e che la loro cultura sia quella di allevare i figli nel fango, allontanarli dalla scuola e costringerli a mendicare. Ma la realtà è diversa. Abbiamo visitato gli insediamenti abitati dai rom i diversi Paesi europei […] e dappertutto è emerso che la situazione di povertà, emarginazione ed esclusione sociale nella quale vivono i rom si possa evitare. Invece tale situazione abitativa è quasi sempre conseguenza visibile della discriminazione e dell’esclusione sociale. In mancanza di infrastrutture di base essi diventano vittime di sgomberi […]. Recenti esempi dimostrano l’entità del problema. Alcune settimane fa in Italia, a Milano e Roma, circa 600 rom, la metà dei quali bambini, sono stati sgomberati trasferendosi in alloggi temporanei o rimanendo privi di abitazione».

Nelle stesse ore in cui la stampa internazionale dava spazio all’articolo di Muižnieks, quella nazionale pubblicava video e foto delle tangenti scambiate all’interno dell’Ufficio Rom di Roma Capitale tra il “re delle bonifiche” Roberto Chierici e la funzionaria del Dipartimento Politiche Sociali Emanuela Salvatori. Entrambi sono in carcere a dover rispondere di diversi reati, tra cui quello di corruzione.

Le riprese risalgono al 2013, quando il passaggio di “mazzette” si intensifica coinvolgendo anche consiglieri comunali e regionali. Roberto Chierici è attivissimo nel prendere appuntamenti con persone-chiave. «E’ stato accertato – si legge nell’informativa dei Carabinieri – che prima di ogni incontro, solitamente per prendere un caffè, Chierici prelevava denaro contante dalle banche, dove intrattiene i rapporti, per somme tra 4mila e 20mila euro». Ma chi è Roberto Chierici? Ai più è sfuggito il suo ruolo di amministratore della cooperativa Ra.La.M, la ditta incaricate dal Comune di Roma di bonificare gli insediamenti rom abbattuti dalle ruspe presenti nelle azioni di sgombero.

Nel complesso quadro degli sgomberi forzati organizzati a Roma, si aggiunge così un tassello fondamentale, quello mancante e che risponde alla domanda: chi trae profitto dallo spostare inutilmente le famiglie rom da un punto all’altro della città?

Torniamo con la memoria al primo sgombero realizzato dall’Amministrazione a guida Marino. Siamo nel 2013, nello stesso periodo a cui risalgono i filmati delle “mazzette”. Centocinquanta persone, esasperate da una vita condotta nell’insediamento di Castel Romano, si trasferiscono su un pezzo di terra in via Salviati. Costruiscono le baracche e il 30 agosto scrivono una lettera aperta al neo sindaco per chiedere di avviare un dialogo che porti a percorsi di inclusione. «Non vogliamo più vivere nei campi – sostiene il loro portavoce – Aiutateci a trovare una casa vera. Siamo disponibili a dialogare e a trovare soluzioni condivise, per il bene di tutti». L’appello resta inascoltato perché, viene risposto, mancano le risorse. Il 12 settembre ai rom vengono abbattute le abitazioni e lo spazio immediatamente bonificato.

Su Campi nomadi s.p.a. rapporto di Associazione 21 luglio, è possibile risalire al flusso di denaro attivato nell’occasione. Tra agosto e settembre 2013 alla cooperativa Ra.La.M. di Roberto Chierici viene affidato il lavoro di bonifica e sgombero dell’insediamento di Salviati dietro due tranche di pagamento: la prima di 67.845 euro, la seconda di 44.927 euro. Più di 110.00 euro consegnati a Roberto Chierici e nulla all’inclusione dei rom che chiedono aiuto per diventare cittadini.

Nei biennio successivo saranno più di 110 gli sgomberi ordinati dall’Amministrazione Comunale per una spesa di bonifica vicina ai 3 milioni di euro. I rom sono stati sgomberati – come ha scritto Muižnieks – ripetendoci che la cultura dei rom «sia quella di allevare i figli nel fango, allontanarli dalla scuola e costringerli a mendicare».

«Ma la realtà è diversa», spiega il Commissario europeo e oggi la capiamo meglio. E’ il risveglio amaro dei cittadini romani: siamo stati tutti ingannati! Su questa comunità di disperati, funzionari comunali corrotti e imprenditori senza scrupoli hanno accumulato fortune secondo la logica espressa bene da una intercettazione partita dall’Ufficio Rom: «Quello che noi facciamo è una cosa, quello che deve risultare è un’altra».

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