Il gigante dei mari Cosco Shipping (nave da carico cinesee lunga 300 metri e larga 50 metri con oltre 10.000 container a bordo) ha inaugurato il nuovo canale di Panama, tagliando il nastro d’ingresso nelle chiuse dell’Atlantico alle 7,48 locali. Sette anni di lavori, 40mila persone nei cantieri, 6 miliardi di dollari di spesa. Sono solo i numeri dell’ampliamento del Canale di Panama, cioè le nuove chiuse sul lato sia dell’Oceano Pacifico sia dell’Atlantico che permettono il passaggio di navi con una portata oltre tre volte le attuali. L’opera – inaugurata alla presenza del presidente panamense Varela che ha chiamato nel Paese centroamericano capi di Stato e di governi di molte nazioni – è dal punto di vista ingegneristico, e non solo, la più ambiziosa mai realizzata al mondo. Ed è molto ‘made in Italy’. Sono infatti italiane le paratoie costruite della Cimolai, il cuore tecnologico del progetto che ha permesso di battere inaspettatamente la concorrenza statunitense per rinnovare quanto fatto dagli Usa all’inizio del secolo. Lo è il software operativo e molti dei materiali di costruzione speciali, è italiana la guida operativa della Salini Impregilo che, al 48% del consorzio costruttivo alla pari della spagnola Sacyr, poco più di due anni fa sbloccò il contenzioso con Panama sugli extra costi. Almeno per concludere i lavori. Ora per l’arbitrato internazionale sui quasi tre miliardi di extracosti certificati, i cui primi risultati hanno dato ragione ai costruttori, ci vorranno anni, ma intanto la rivoluzione dei commerci marittimi mondiali è cominciata. Dalle nuove chiuse del canale potranno infatti passare navi con un carico che può arrivare a 14mila container contro il massimo attuale di 4.400. Per costruirle sono cambiati gli arsenali di mezzo mondo, mentre i porti del Pacifico e dell’Atlantico – specie statunitensi – hanno già realizzato giganteschi lavori per poter accogliere i nuovi scafi, con un indotto generato di circa 20 volte il costo dell’opera, quindi oltre i 100 miliardi di dollari

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