Il palco è in mezzo ai pioppi. Dietro a perdita d’occhio i tronchi degli alberi del Po che sembrano non finire mai. Il soffitto è una striscia di lucine che la sera, appena scende il sole, disegnano una ragnatela nel cielo. Il bancone del bar è fatto con materiale riciclato, costruito in una notte a poche ore dall’inaugurazione. Intorno i fossi, dove ancora (o di nuovo all’improvviso) si possono vedereIMG_5440 le lucciole. L’ostello di Guastalla (Reggio Emilia) un tempo era la casa dei pontieri, operai del fiume incaricati di fare la veglia al ponte di barche che collegava le due sponde. Poi per generazioni ha accolto viaggiatori e ospiti di passaggio. Oggi è una festa: si chiama Ostello Quattro, ha inaugurato il 10 giugno scorso e per due mesi ospita musica ed eventi.

13407015_272485903105958_9185362364317314128_nLa colpa è di Emanuele e Marcellino Alberini, Andrea Negri, Alessio Artoni e Lorenzo Folloni. Di giorno bancario, operaio, ingegnere, musicista e operaio. Nella vita vera gente che ha avuto un’idea e soprattutto ha avuto voglia di realizzarla. Perché? “La noia. Avete presente quei bar tutti uguali dove si fa aperitivo e si sta in piedi a parlare? Ecco. Le persone si annoiano e noi eravamo stanchi”. E’ la magia della bassa emiliana, terra di genio e di noia, posti ubriachi di nebbia dove proprio perché tutto sembra sempre uguale all’infinito, chi ci vive si inventa la vita. “Volevamo aprire un circolo culturale per ospitare qualche concerto e ci serviva un posto”, spiega Emanuele. “Invece di andare a cercare strutture costose che non ci potevamo permettere, abbiamo chiesto al Comune la lista degli immobili inutilizzati. Sono tantissimi”. La scelta dell’ostello è arrivata quasi come scontata: “E’ un pIMG-20160506-WA0012osto simbolico, di passaggio e di amore per tanti guastallaesi. Ed è semi abbandonato: ha riaperto dopo il sisma del 2013, ma non ha mai offerto niente di più dell’alloggio per dormire. E’ perfetto: fuori dal centro storico, in mezzo alla natura dove non disturbiamo nessuno”. Così hanno fatto richiesta ufficialmente: ci sono voluti sette mesi, tra documenti e autorizzazioni e poi l’inaugurazione in concomitanza con il festival di musica indipendente Handmade. I mobili recuperati dalla Caritas, il bancone con materiale riciclato, la collaborazione della Pro Loco, gli amici che sono venuti a dare una mano e in un attimo tutto era in piedi. Poi naturalmente la musica. Suonare in riva al fiume nelle sere d’estate: la scenografia già vale il prezzo del biglietto (che qui tra parentesi è gratis). “Tutti ci dicevano: non ce la farete mai a essere pronti in tempo”, ridono. “E poi chissà come, se ti ci metti d’impegno, ce la fai sempre”.

20160220_152351L’inaugurazione è stata affidata a Cosmo, Lim e Bienoise. Il bancone era diviso a metà: da una parte chi preparava mojito e gin tonic e dall’altra la Pro Loco che cucinava cibi tipici dell’Emilia. “Vogliamo valorizzare il nostro territorio”, dice Andrea. “Speriamo che altri seguano l’esempio, perché ci sono spazi meravigliosi intorno a noi e sono poco sfruttati. Si possono fare così tante cose”. Il festival è appena iniziato: il 24 giugno il Beat party con il live di Yombe e Unknwn, il 26 il picnic tra i pioppi con pranzo al sacco su prenotazione. E così via per ogni weekend di giugno e luglio. In programma ci sono Daniele Sciolla, Fade, Nobody cried for dinosaurs, Three lakes e tanti altri. Verranno da tutta la provincia per sentirli e forse, se va bene, qualcosina di più. Perché l’Emilia è fatta di gioielli nascosti nelle golene, quella parte del suo letto che il fiume ha concesso a chi vive nella bassa perché faccia nascere qualcosa. Dalla riva si vede sempre l’orizzonte ed è così lungo che sembra dirti che puoi fare ciò che vuoi, scappare lontano fino a perdere il fiato o restare e ballare. “Noi siamo rimasti. E sono tornate anche le lucciole”.

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