E’ stato pubblicato da poco, a cura di Legambiente (“Ecogiustizia è fatta“), il bilancio dei primi 8 mesi di applicazione (dal 29/5/2015 al 31/1/2016) della nuova legge sugli ecoreati (legge n. 68/2015) in Italia, sulla base dei dati forniti da Corpo forestale dello Stato, Comando Tutela Ambiente dell’Arma dei Carabinieri, Guardia di finanza e Capitanerie di porto. Scrive Legambiente che nei primi 8 mesi di applicazione della legge n. 68 “a fronte di 4.718 controlli effettuati, sono stati contestati 947 reati penali e violazioni amministrative, con 1.185 persone denunciate e il sequestro di 229 beni per un valore complessivo di quasi 24 milioni di euro.

Il grosso, tuttavia (774 contestazioni su 947), non riguarda denunce per i nuovi delitti ma per la nuova procedura di regolarizzazione introdotta dalla legge sugli ecoreati per le “vecchie” contravvenzioni del testo unico ambientale con la quale la polizia giudiziaria può impartire prescrizioni per regolarizzare la situazione; se il contravventore ottempera nei termini, può estinguere il reato pagando un quarto del massimo dell’ammenda.

Essa riguarda, quindi, contravvenzioni che già esistevano e continuano ad esistere a prescindere dalla legge sugli ecoreati. Resta da capire, allora, se e quanto il ricorso a questa nuova procedura ha aumentato la tutela dell’ambiente. Di certo, infatti, essa – per legge – dovrebbe riguardare solo le “vecchie” contravvenzioni del D. Lgs. 152/06 “che non hanno cagionato danno o pericolo concreto ed attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette”; quindi, quelle di tipo formale (mancanza di autorizzazione) o, comunque, di minima gravità. E diciamo anche che, in ogni caso, anche senza ricorrere alla legge n. 68, esse potevano (e possono) essere estinte se il contravventore si fosse messo in regola attraverso l’oblazione (pagamento di un terzo del massimo dell’ammenda) o attraverso il ricorso alla non punibilità sancita per i reati di particolare tenuità dal D. Lgs. n. 28/2015.

Ma, in questi ultimi casi, la procedura può operare solo dopo che la denuncia è stata trasmessa in Procura mentre la nuova procedura, quando si conclude con l’adempimento, ha il vantaggio di risolversi sollecitamente in sede di polizia giudiziaria e senza oberare i tavoli dei magistrati con contravvenzioni di poco conto. Il vero vantaggio della legge sugli ecoreati, quindi, consiste nella maggiore celerità alla regolarizzazione (pur se di violazioni minime) e nello sgravio per le Procure.

A questo punto, tuttavia, diventa importante conoscere un dato che non risulta dalla relazione Legambiente: quante di queste contravvenzioni sono state realmente regolarizzate con la nuova procedura? Secondo Legambiente, la maggior parte, ma la stessa associazione riconosce che si tratta di una “analisi empirica” perché “mancano statistiche dettagliate ufficiali“, ed anzi “non mancano i casi in cui le prescrizioni non vengono rispettate“. E non sembra molto incoraggiante l’unico dato riportato che riguarda il Corpo forestale dello Stato il quale, su 201 prescrizioni impartite, comunica solo per 79 l’ottemperanza nei termini.

Così come lascia perplessi la circostanza che, con questa procedura, sarebbero stati regolarizzati (con prescrizioni) anche casi di “sversamento di liquami sul suolo e inquinamento di corsi d’acqua” (pag. 14) oppure (pag. 15) di “violazione dei limiti tabellari imposti per le emissioni in atmosfera” o per “deposito incontrollato di rifiuti” o per “aver versato in atmosfera cose atte a imbrattare e molestare( soprattutto polveri)” oppure (pag. 20) per aver scaricato “reflui particolarmente inquinanti direttamente nella rete fognaria senza i trattamenti previsti dalla legge” ecc. ecc. Casi, cioè, in cui non sembra affatto che non si sia cagionato (almeno) un pericolo concreto ed attuale per l’ambiente, come richiesto dalla legge.

Così come lascia perplessi il dato che queste contestazioni di contravvenzioni “innocue” avrebbero portato a ben 177 sequestri per un valore di oltre 13 milioni di euro. Anche perché, se poi si è ottemperato alle prescrizioni e i reati sono stati estinti, questi sequestri (che, comunque, devono sempre essere convalidati dall’Autorità Giudiziaria) che fine hanno fatto?

Qualche perplessità riguarda anche i dati sui nuovi delitti contestati: risultano complessivamente 173 denunce (con 53 sequestri) ma quante di esse sono andate avanti quando sono giunte in Procura? Quante sono contro ignoti? E quante sono state derubricate o rubricate diversamente dal magistrato, magari utilizzando ancora le “vecchie” incriminazioni del codice penale? In questo quadro, leggere che sono stati accertati 148 delitti di inquinamento ambientale e di disastro ambientale dolosi mentre le ipotesi colpose sarebbero state solo 12 lascia perplessi: di solito chi cagiona un disastro ambientale non lo fa con dolo ma per colpa (imprudenza, imperizia, negligenza, inosservanza di regole); e purtroppo la Cassazione non ha accolto, per il disastro innominato, come pure era auspicabile, una nozione allargata di dolo eventuale.

Insomma, per valutare se la nuova legge ha veramente contribuito ad incrementare in modo significativo la tutela dell’ambiente non bastano i dati delle denunce della polizia giudiziaria che, in ogni caso, vanno vagliati ed approfonditi. Ma, soprattutto, bisogna aspettare la giurisprudenza che si formerà sui nuovi delitti specie quando si dovranno interpretare espressioni quali, ad esempio, “compromissione o deterioramento significativi e misurabili di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo” oppure quella di disastro ambientale “abusivo“.

Allo stato, francamente, si può certamente dire che, pur se con qualche zona d’ombra, la nuova legge inizia ad essere applicata dalla polizia giudiziaria ma mi sembra prematuro dire trionfalmente che “ecogiustizia è fatta“.

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