Ma chi l’ha detto che il governo italiano è favorevole alle trivelle? Se necessario si faranno le barricate, naturalmente su quelle altrui. E almeno contro i progetti off shore su cui il Montenegro sembra procedere in maniera molto spedita. Nei giorni scorsi il ministero dell’Ambiente si è fatto carico di scrivere alle autorità dell’altra sponda dell’Adriatico (foto in basso) per sottolineare l’esigenza che vengano svolti ulteriori approfondimenti prima di procedere sulla via delle esplorazioni. A rischio la nidificazione della gru, il benessere dei capodogli e delle tartarughe caretta caretta e forse anche la foca monaca, che pure risulta estinta in Montenegro da tempo. Indicazioni che, almeno negli auspici del ministero guidato da Gian Luca Galletti dovranno essere recepite nel programma del Montenegro. Pena la violazione di diverse norme internazionali puntigliosamente elencate nei documenti trasmessi dal nostro ministero. Il cui atteggiamento è già racchiuso nelle considerazioni preliminari: “Il processo di valutazione ambientale in corso, appare carente”. Non si è insomma in condizioni di valutarne la sostenibilità né “i possibili impatti sugli interessi e la giurisdizione dell’Italia”, si legge nel documento in italiano e in inglese prodotto dell’ambito della consultazione transfrontaliera voluta dal Montenegro. Mal gliene incolse.

ALTO IMPATTO Il fascicolo indirizzato al governo di Podgorica è piuttosto articolato. Il ministero dell’Ambiente ha allegato persino le osservazioni al progetto dei “comitati no triv” pugliesi e, ad abundantiam, lucani. Una relazione dell’Arpa Puglia in cui si ricorda, al Montenegro, che il 76 per cento della costa della regione è sottoposta a protezione ambientale. E una dell’Ispra in cui si sottolinea l’importanza di non trascurare il rischio che deriverebbe dal verificarsi di un terremoto nel Paese balcanico come quello del 1979 che produsse un piccolo maremoto giunto fino alle coste italiane. Ovviamente il documento centrale del dossier indirizzato al governo di Milo Đukanović è rappresentato dalle osservazione del ministero dell’Ambiente nostrano. Assolutamente non tenero rispetto al programma di esplorazione e sfruttamento montenegrino: 13 blocchi offshore lontani dai 140 ai 160 chilometri dalle coste italiane. Per il ministero le valutazioni finora condotte sono prive di tutta una serie di elementi fondamentali per valutare l’impatto derivante da eventuali incidenti connessi all’attività di trivellazioni centrali per la strategia che il Paese si è data da qui al 2030.

RISCHIO SVERSAMENTI Come infatti trascurare il ciclone del sud-Adriatico che può influenzare lo spostamento e il trasporto di eventuali inquinanti fino alle coste italiane, hanno chiesto i tecnici di Galletti? E che dire del non aver considerato che queste attività andranno ad aggiungersi, in un bacino semi-chiuso, a quelle già oggi fonti di impatto ambientale? Da non sottovalutare – segnalano dal ministero di via Cristoforo Colombo –  la questione del rumore prodotto dalle attività di airgun che potrebbe risultare addirittura letale per le specie sottomarine, oltre che per la pesca in generale: che ne sarà delle specie ittiche di interesse commerciale protette dal Ministero per le politiche agricole e forestali  (Mipaaf) in zona isole Tremiti? Poi c’è l’avifauna che non ha meno diritti, anche rispetto alle luci stroboscopiche che illumineranno i campi di estrazione e che rischiano di disorientare gli uccelli in fase migratoria. E ancora. Il governo, sempre Montenegrino – ammonisce il nostro ministero dell’Ambiente –  prima di sfoderare le trivelle farebbe bene a verificare “l’entità delle presenze, nelle zone umide costiere, di Tadorna tadorna, Pelecanus crispus, Phalacrocorax pygmeus, Phoenicopterus roseus, Larus genei, Sterna albifrons, Charadrius alexandrinus, appartenenti a popolazioni condivise circum-adriatiche e particolarmente vulnerabili nell’ipotesi di eventuali sversamenti”.

MALEDETTI RIFIUTI Se non è una stroncatura poco ci manca. Chissà come l’avranno presa in Montenegro. E che faccia avranno fatto i ministri interessati al dossier che probabilmente avranno letto le cronache italiane di questi giorni. E sì, perchè nel fascicolo che si sono visti recapitare dall’Italia che fa le pulci al programma di ricerca degli idrocarburi ci sono pure le considerazioni del ministero dello Sviluppo economico. Finito in questi giorni al centro dello scandalo culminato con le dimissioni del ministro Guidi: dal Mise la preoccupazione più significativa segnalata alle autorità di Podgorica è quella relativa alla gestione dei reflui e allo smaltimento dei fanghi che verranno prodotti durante le attività di ricerca in mare. Gestione messa nel mirino dall’inchiesta della procura di Potenza che sugli smaltimenti dei reflui, prodotti al centro oli di Viggiano, ha ipotizzato addirittura il disastro ambientale.

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