“Ci aspettiamo delle spiegazioni”. C’è riserbo tra i militanti del Movimento 5 stelle di Ravenna, ma anche tanta voglia di capire perché una città simbolo dei meet up sarà tenuta fuori dalle elezioni comunali di giugno assieme a Rimini e ad altri centri sparsi per l’Italia. La candidata scelta già alcuni mesi fa attraverso il voto degli attivisti era stata Michela Guerra, ma la comparsa a sorpresa di un’altra lista che aveva chiesto la certificazione allo Staff di Milano aveva fatto nascere una guerra intestina. Le due fazioni in lotta sul territorio erano state anche protagoniste di un’assemblea infuocata dove addirittura erano stati chiamati i carabinieri per riportare l’ordine. Da qui la scelta da parte dei vertici pentastellati di ‘saltare’ il voto. “Ci aspettavamo di poter scegliere una delle due liste attraverso il voto online degli attivisti”, spiegano alcuni militanti ai microfoni de ilfattoquotidiano.it all’uscita da un incontro nella tarda serata del 21 marzo. Ma la delusione è tanta anche perché c’era la possibilità di mettere in difficoltà il Partito democratico e portarlo al ballottaggio: “Ritengo che la scelta non sia stata corretta: parliamo di otto anni di lavoro sul territorio, i motivi di questa scelta non li sappiamo”, spiega Pietro Vandini, consigliere comunale uscente, militante della prima ora, e spesso considerato una voce critica all’interno del Movimento 5 stelle. Ma è lui stesso a escludere che la scelta di non fare correre alle comunali gli attivisti ravennati sia stata una ritorsione nei suoi confronti: “Non credo che ci sia una regia in tal senso”

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