Gli italiani spendono meno e a farne le spese sono soprattutto i figli e le uscite per la loro istruzione. A lanciare l’allarme è la Confesercenti che ha esaminato i dati Istat dal 2007, l’ultimo anno pre-crisi, al 2015. La fotografia che ne esce è quella di una famiglia che ha ancora paura, che tira la cinghia per riuscire ad arrivare a fine mese pur non rinunciando al telefonino e alle sigarette (nel primo caso la spesa aumenta del 24,5% e nel secondo resta invariata a 257 euro).

A preoccupare è soprattutto il calo del 43% riservato all’istruzione: nel 2007 la spesa media annuale delle famiglie italiane in questo settore era di 304 euro. Nel 2015 la cifra si è dimezzata fino a 173 euro. Mamma e papà rinunciano sempre più ad acquistare i libri, li cercano ai mercatini, provano a trovarli dai compagni che sono usciti da scuola. Inoltre di fronte al perdurare della crisi sono stati costretti a fare a meno di lezioni private e ripetizioni. Sul dato incide anche il calo di iscrizioni dei giovani all’università. Una situazione compensata solo da un aumento del 14,1% per la cultura.

“Quando le disponibilità si restringono – spiega il segretario generale della Confesercenti Mauro Bussoni – si cerca di risparmiare dove è possibile: si è tagliato sull’istruzione, sulla sanità, sull’abbigliamento. All’interno del bilancio famigliare si sono erosi i risparmi. Il quadro complessivo ci racconta di famiglie che si sono trovate ad affrontare situazioni alle quali non erano abituate: minori spese per la ristorazione, per i viaggi. Abbiamo preso come riferimento il 2007 perché è stato l’ultimo anno dove c’erano ancora performance buone per l’economia. Oggi possiamo dire che la crisi non è finita”. Lo si vede dai dati forniti dall’Ufficio economico: la spesa media annuale delle famiglie si è attestata sui 22.882 euro, 855 euro in meno rispetto al 2007 e i risparmi nello stesso periodo si sono contratti del 25%.

Crescono, invece, le spese fisse: rispetto al 2007, i nuclei del nostro Paese spendono molto più per le uscite legate alla casa, all’acqua, all’elettricità, ai combustibili per il riscaldamento (+536 euro) ma anche per le spese sanitarie e per la salute (142 euro). Di fronte a questa situazione, le famiglie hanno cambiato i loro consumi: mangiano più frutta e verdura e meno carne. La spesa per mele, pere, arance, limoni, zucchine e carote cresce di 164 euro mentre dal macellaio e dal pescivendolo si va sempre meno. Alla revisione della spesa non fuggono nemmeno pane e cereali (-69%), latte e formaggi (– 48%).

“Si è acquistata più frutta – spiega il segretario generale – perché è un prodotto più povero, si sono spostati i consumi. Da sottolineare che un netto calo si è visto anche per i trasporti: da 4.388 euro a 3.098. Un taglio dovuto in parte dalla diminuzione di carburante ma anche ad un minor consumo e al mancato rinnovo del parco macchine. Il nostro non vuol essere un esame storico per dare giudizi a chi ha governato. Prendiamo però atto che tutte le politiche adottate fino ad oggi tese a rilanciare i consumi interni hanno inciso in modo non efficace: vanno ridotte le tasse e vanno dati più soldi agli italiani”.

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