Piove e a Milano scatta l’ansia per colpa di un torrente. Il Seveso, corso d’acqua noto per il disastro della diossina del 1976, fa ancora paura: ogni volta che piove si ingrossa e la zona a nord della città finisce sott’acqua perché il suo alveo da un certo punto in poi passa sotto Milano. In queste ore, a causa delle precipitazioni che hanno investito il nord Italia il problema si ripropone anche se non in dimensioni drammatiche come la scorsa estate: durante la bella stagione Milano ha vissuto alcune inondazioni che hanno causato danni per decine di migliaia di euro.
Oggi invece pare che la situazione sia meno drammatica: “Emergenza Seveso e Lambro. La situazione è molto critica ma stazionaria e “forse” in miglioramento perché a nord ora sta piovendo poco, ma c’è da smaltire l’acqua delle ore precedenti – ha spiegato Marco Granelli, assessore comunale alla Protezione civile – il Seveso in questo momento in zona tra via Valfurva, via Padre Monti, viale Suzzani, Largo Desio, piazzale Istria è al pelo al livello esondazione. E’ uscito solo di qualche centimetro in viale Suzzani sotto il ponte della ferrovia e in via Padre Monti in prossimità dell’incrocio con via Suzzani, ma ora anche qui è stato completamente riassorbito dai chiusini già aperti, ed ora non esce più”.
Ma la situazione è destinata a riproporsi per una serie di fattori: la pulizia della parte sotterranea è stata avviata in tutta fretta questa estate, ma è probabile che non sia sufficiente. Negli anni le sponde del torrente sono state oggetto di un’edificazione a più riprese selvaggia e questo ha ridotto di molto la permeabilità del terreno. Quindi quando piove confluisce nel torrente molta più acqua di quanta possa contenerne. E forse non è un caso che la legge regionale che stabiliva il principio dell’invarianza idraulica sia stata insabbiata dalla burocrazia: nel 2012 era a un passo dall’approvazione, ma la giunta cambiò e la legge si perse nelle scartoffie. Sarebbe stato un grosso ostacolo per i costruttori perché avrebbe sancito che ogni nuova costruzione non avrebbe dovuto causare ulteriori apporti di acqua nel sistema idrico regionale.
Infine c’è il problema del cambiamento dell’altezza della falda acquifera milanese. Negli ultimi anni è risalita molto: in alcune zone a sud della città si trova già a due metri di profondità, misure che secondo i documenti di Metropolitana milanese non si vedevano dal periodo preindustriale di Milano. Fino alla fine del secolo scorso le aziende potevano pescare l’acqua direttamente dalle prime falde, quindi la tendenza del livello medio era verso l’abbassamento. Tanto è vero che la metropolitana ‘verde’, la linea 2, fu costruita con un’impermeabilizzazione solo per la parte sottostante. Un’opera che ha creato un problema perché la società è costretta a pompare continuamente acqua fuori dal tunnel: alla lunga, ha spiegato l’ingegnere che coordina i lavori per l’ultima linea in costruzione, non si può proseguire in questo modo perché insieme all’acqua escono materiali tipo sabbia e terra che stanno rovinando il tunnel.
Marco Granelli non ha perso occasione per polemizzare con Regione Lombardia già nel primo pomeriggio, quando è stato chiaro che il rischio esondazione andava concretizzandosi: “Il Seveso continua a salire ed è ormai a cm. 200, ad un metro dall’esondazione. E tutto questo mentre sul sito della Protezione civile della Regione Lombardia sulle zone della pianura centrale appare la dicitura “criticità assente” e le previsioni di Arpa parlavano di piogge deboli. Bisognerà rivedere qualcosa. Meno male che il Comune di Milano si è mosso per tempo e con Aipo alle ore 12.00 abbiamo attivato il canale scolmatore altrimenti ad ora Niguarda sarebbe stata allagata”.

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