La democrazia è stata storicamente caratterizzata come quella forma di governo in cui la decisioni politiche di un Paese sono affidate alla volontà della maggioranza dei cittadini. Governo del popolo, governo per il popolo, si dice tradizionalmente, senza tuttavia considerare il significato autentico e più profondo di quel richiamo alla volontà dei cittadini.

La nostra Costituzione muove da questo punto essenziale: la democrazia è quella forma di governo nella quale l’uomo è chiamato ad esprimersi, realizzarsi, scegliere come cittadino, e non come suddito. È soltanto a partire da questo termine che acquista un significato preciso il principio rappresentativo, che fa sì che, in una democrazia, l’organo di governo sia legittimato attraverso la maggioranza parlamentare formatasi a seguito di libere elezioni.

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Con la riforma della legge elettorale per la Camera, che continua (per certi versi in modo peggiore di quanto non accadesse col Porcellum, dichiarato come si sa incostituzionale dalla Consulta) a rendere i deputati dei “nominati” dai capi dei partiti (e non certo da noi cittadini) e ora con la riforma del Senato, l’Italia si avvia verso una nuova forma di governo post-democratica, costruita in modo tale che, alla fine, a governare sarà una minoranza e di questa minoranza una parte neppure di eletti.

Il Senato è destinato, infatti, a restare un organo non elettivo, espressione diretta dei Consigli regionali, con competenze tali da alterare profondamente l’intero ordine costituzionale del Paese. Al Senato saranno, infatti, attribuiti gli stessi poteri della Camera per quel che riguarda la possibilità di modificare la Costituzione, la quale pertanto potrà “passare” per il voto ed il controllo di minoranze non elette dal popolo. Ancora, al Senato spetterà l’elezione di due giudici della Corte Costituzionale e, considerato che i senatori saranno espressione diretta dei partiti, l’“indipendenza” della Consulta sarà ulteriormente compromessa. I senatori godranno, infine, della stessa immunità parlamentare dei deputati. Ma, in questo caso, poiché essi saranno anche Sindaci o di Consiglieri regionali, qualora si presentasse il caso di un loro coinvolgimento in inchieste giudiziarie, potrebbero decadere dalla loro funzione negli enti territoriali ma mantenere l’incarico di senatori. Tenendo presente il livello di corruzione degli enti territoriali si potrebbe arrivare al commissariamento di un Comune per mafia, con il sindaco che però resterà ben attaccato alla sua poltrona di senatore.

A ciò si aggiunga che questa riforma è essa stessa voluta ed approvata da un Parlamento illegittimo che non è espressione della volontà dei cittadini, che non rappresenta, propriamente, nessuno. In questa legislatura, quasi 300 parlamentari hanno cambiato “casacca”. Un record nella storia repubblicana. Gli equilibri politici si sono totalmente rovesciati, rispetto all’ultimo voto popolare, formando così una serie di maggioranze e minoranze artificiali. Ed è questo Parlamento a stravolgere, oggi, la Costituzione nata dalla Resistenza.

Un Senato di questo tipo, connesso ad una legge elettorale per la Camera che falsa il risultato elettorale attribuendo la vittoria ad una minoranza, non farà che dare tutto il potere ad un’unica persona: il Premier del governo. Solo il popolo, con il referendum, non confermando la riforma potrà far risplendere il sole in un Paese ormai sull’orlo dell’abisso: non è in gioco soltanto una risistemazione degli equilibri tra Parlamento e Governo, ma il senso stesso della democrazia.

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