La Salerno-Reggio Calabria, la regina delle grandi opere stradali incompiute, ha rischiato di finire nel tritacarne dei crac bancari. I 280 milioni di euro tenuti fermi sul conto corrente della Cassa di risparmio di Chieti (Carichieti) dall’Anas nonostante fosse chiaro a tutti che quella piccola banca si stava pericolosamente avvicinando al default, servono infatti per legge per i lavori della lunga autostrada meridionale. Se quei soldi fossero stati risucchiati dal dissesto bancario, la inevitabile conseguenza sarebbe stata che i tempi biblici di costruzione dell’opera si sarebbero ulteriormente allungati per mancanza di fondi.

Tra le varie fonti di finanziamento dell’autostrada del sud ci sono anche i quattrini che numerose altre autostrade sono tenute a sborsare ogni anno all’Anas e fatti confluire su Carichieti. E’ un sistema molto complicato, con le radici piantate nei lontani anni Sessanta del secolo passato, nell’era d’oro delle costruzione autostradali. Un meccanismo poi perfezionato con la legge Finanziaria del 2007, ai tempi del governo di Romano Prodi e di Pietro Ciucci da un anno presidente Anas. Prodi e Ciucci erano abbastanza in sintonia allora, essendo stati negli anni della Prima Repubblica fianco a fianco all’Iri, Prodi come presidente e Ciucci direttore del settore finanziario. Il governo di Prodi si prodigò molto per l’Anas, cercando di metterla nelle condizioni di operare al meglio, assicurandole una dote finanziaria di tutto rispetto. Per irrobustire l’azienda delle strade furono istituiti con la manovra sovrapprezzi sui pedaggi autostradali a carico degli automobilisti: 6 millesimi di euro a chilometro per le auto e 18 per i camion, 600 milioni di euro ogni anno in totale destinati alla manutenzione ordinaria delle tratte di “adduzione” al sistema autostradale (molte strade statali, le tangenziali, il Grande raccordo di Roma etc..). Fu stabilito inoltre che per accelerare i lavori sulla Salerno-Reggio, le rate annuali dei mutui contratti a suo tempo per la costruzione delle autostrade dalle concessionarie autostradali pubbliche e private, fossero versati all’Anas, l’azienda costruttrice della grande opera del Sud.

Sono molte le autostrade interessate alla faccenda: la Sitaf (Torino-Bardonecchia e Traforo del Frejus), un tempo di proprietà del Comune e della Provincia di Torino, ceduta alcuni mesi fa tra mille polemiche proprio all’Anas che ora ha il 51 per cento. Poi la Sat, la Tirrenica, in ballo da anni per la contestata costruzione del tratto da Civitavecchia a Rosignano; la Centropadane, la cui gestione è stata messa a gara; l’autostrada dei Parchi del gruppo Toto; la Tangenziale di Napoli del gruppo Autostrade dei Benetton. E poi le molte autostrade controllate dai Gavio: la Cisa tra Parma e La Spezia, la Salt (ligure-toscana), la Satap (Torino-Alessandria-Piacenza), l’autostrada dei Fiori in Liguria, l’Ativa (Torino-Ivrea-Valle d’Aosta), la Sav (Quincinetto-Aosta).

Dopo aver costruito le autostrade, molti anni fa i concessionari sostennero che i ricavi dei pedaggi non erano sufficienti per pagare i mutui contratti con le banche. Lo Stato decise allora di istituire nel 1968 un Fondo centrale di garanzia per rimborsare gli istituti di credito e per sostenere il Fondo il governo di allora decise di imporre, il 12 agosto 1982, un primo sovrapprezzo sui pedaggi da far pagare agli automobilisti. Con la Finanziaria 2007 il Fondo centrale di garanzia venne soppresso e trasferito sotto la gestione Anas. Dentro quello scrigno non c’era molta liquidità (circa 19 milioni di euro), ma c’era un potenziale tesoro: 1 miliardo e 838 milioni di euro di crediti nei confronti delle concessionarie autostradali. Tutti vincolati dal governo di Prodi per il completamento della Salerno-Reggio e purtroppo, visti i risultati, spesi poco e male dall’Anas.

Da allora le concessionarie continuano a pagare direttamente l’Anas con importi variabili da concessione a concessione in rapporto alla durata della concessione stessa e dei flussi di cassa ottenuti, cioè dei soldi riscossi ai caselli. Il tutto è stato inserito nella miriade di piani finanziari allegati agli atti concessori che dovrebbero regolare il rapporto tra lo Stato e i padroni delle autostrade, un ginepraio di documenti di centinaia di pagine ognuno, estremamente complessi, approvati con una sfarinata di leggi apposite e tenuti gelosamente riservati.
Stando ai dati ufficiali forniti a ilfattoquotidiano.it dall’Anas, il credito residuo vantato dalla società pubblica delle strade nei confronti delle concessionarie è di 1 miliardo e 375 milioni di euro. In 9 anni cioè sarebbero stati girati dalle autostrade all’Anas circa 463 milioni. Di questi solo una minima parte, 34 milioni, è stata depositata presso la Tesoreria centrale della Banca d’Italia. Il grosso, 280 milioni di euro, lo hanno concentrato su un conto corrente della malmessa e piccola Carichieti. A conti fatti mancano all’appello circa 150 milioni, forse gli unici finora davvero spesi per la Salerno-Reggio.

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