La Leopolda è da sempre lo specchio del renzismo, per questo analizzarla è importante. Ogni elemento è parlante, la comunicazione di questa manifestazione è curata in ogni dettaglio. Leggendola possiamo leggere nella mente del suo creatore, Matteo Renzi. In questa sesta edizione le mutazioni sono tante rispetto al passato, dunque anche le sorprese. Vediamole.

Due Leopolde fa, quando ancora non era al governo e nessuno lo odiava, Renzi arrivava ad aprire la manifestazione nella vecchia stazione di Firenze in bicicletta. Simbolo del dinamismo e della giovinezza del rottamatore. L’anno dopo, ormai al governo, un lungo consiglio a Bruxelles lo costringe all’auto blu pur di arrivare in orario. Cambiamo i ritmi, le responsabilità si sostituiscono alla spensieratezza.

Oggi, dopo quasi due anni di governo, alla Leopolda ci arriva con l’esercito: una schiera di agenti antisommossa devono fermare i manifestanti arrabbiati all’ingresso della festa. Il sogno delle edizioni passate che non costava niente è stato interrotto da un brusco risveglio.

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Il garage sul palco, simbolo dei visionari alla Steve Jobs che partono da zero, lascia il posto a un mappamondo di chi quei sogni li ha realizzati.

Il microfono da cantante che dava “voce” a tutti, ora è un podio con doppio microfono stile studio ovale di Obama, il massimo dell’istituzionalità.

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Così cambia la Leopolda, così si adegua velocemente ai cambiamenti del suo uomo-dio, in meno di due anni, più velocemente di quanto la politica del passato ci abbia abituato. Perché oggi, come Renzi sa bene, la politica e la sua comunicazione non seguono più i tempi della carta stampata, ma quelli di Twitter. Non un messaggio al giorno, ma uno ogni ora.

Il programma è improvvisato: gli storici ospiti delle edizioni passate oggi sono importanti, la Leopolda è il vero circolo del potere, altro che massoneria, quindi hanno impegni da inseguire e problemi dai quali scappare. Come la Boschi, che per tutelarsi, dopo aver a sua volta difeso il padre, la cui banca è stata a sua volta salvata dal governo, arriva solo il secondo giorno per una visita lampo.

Il caos organizzativo è visibile non solo dal programma, ma anche da un’idea comunicativa riciclata, che mi ha stupito in negativo: il sondaggio sul peggior titolo di giornale dal punto di vista del Governo. Ho visto all’opera diverse volte Dotmedia (l’agenzia che cura la comunicazione dell’evento già dalle scorse edizioni) e li reputo dei bravi professionisti. Lo dimostra il successo delle loro idee nelle edizioni passate. Ho il presentimento dunque che questa trovata sia frutto di un pessimo suggerimento.

Un leader dagli avversari dovrebbe prendere ciò che funziona, non gli errori. Invece alla Leopolda 6, mentre il M5S abbandona la rubrica sul “giornalista del giorno”, Renzi la rispolvera: “Scegli il peggior titolo di giornale” (e 11 di quelli proposti sono del Fatto Quotidiano, che reagisce gandhianamente regalando copie ai partecipanti) chiede con voto online.

Anche sui media l’aria è cambiata. Twitter non è più monopolizzato dall’hashtag #Leopolda (e relativa edizione), neanche i Tg e i giornali.

Forse, per salvare l’alone di quello che era l’evento politico più atteso dell’anno, è l’ora di pensare a un anno di stop per la Leopolda. Come hanno fatto il Grande Fratello e altri “format fortunati” (cit. L’Unità).

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