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Nel paese di aspettando Godot “oggi non verrà, ma verrà domani”; nel paese della demagogica “Buona scuola” e dell’operazione bluff “scuole belle”, dove si abusa del termine bello (quando in realtà continuano a esserci fondi insufficienti per tamponare le emergenze degli edifici scolastici); nel paese dei bonus di 500 euro a insegnanti e diciottenni per incentivare la cultura, dove si tagliano i finanziamenti alla formazione; ecco, in questo strano Paese crollano scuole e università.

A Napoli, in via Santa Maria degli Angeli, in pieno centro, si sgretolano due palazzine del complesso del Dipartimento di Veterinaria delll’Università“Federico II”: il palazzo della Presidenza universitaria realizzato negli anni ’70, e quello del dipartimento di Parassitologia, costruito negli anni ’60, che ospitava uffici e laboratori dei ricercatori. Secondo le spiegazioni fornite dagli Uffici Tecnici comunali, a causare il crollo è stato uno smottamento del sottosuolo, una voragine che si è aperta a seguito del cedimento di una cavità tufacea, di quelle di cui Napoli, nell’intreccio di condotte e reti, è piena.

Ma è incredibile leggere dalla cronaca che se non ci sono morti da piangere è solo per una serie di circostanze fortuite e fortunate: l’edificio è stato fatto sgombrare all’alba, non perché vi fosse un piano di sicurezza messo a punto da tecnici, ingegneri e geologi che ne aveva previsto per tempo i segni dei cedimenti, bensì grazie al custode che, sentendo degli scricchiolii sospetti, aveva dato l’allarme, viste anche le inequivocabili lesioni sulla facciata dell’edificio.

Il crollo accidentale poteva essere, se non evitato, almeno previsto? Sì, se Napoli avesse una mappa aggiornata che censisca le cavità presenti e fosse ancora vigente l’adozione del Fascicolo del fabbricato, uno strumento per il monitoraggio dello stato di conservazione del patrimonio edilizio che permette di individuare le situazioni di rischio degli edifici e programmare nel tempo gli interventi di ristrutturazione e manutenzione.

Strumento indispensabile in un paese che ha per lo più edifici, scuole e università costruite dal dopoguerra agli ’70, e dove il temine “manutenzione” è solo, da dizionario, un nome singolare femminile e poco altro. Inutile dire che un Paese che nega il principio di realtà, che non riconosce nell’incognita dell’incolumità degli studenti e dei lavoratori nelle scuole e nelle università la priorità di intervento, lavora al proprio fallimento.

Ha ragione lo psichiatra Vittorino Andreoli quando afferma che l’Italia è un malato di mente grave, diagnosi alla quale giunge analizzando almeno quattro sintomi. Dei quali uno è il “masochismo nascosto” e l’altro è “la fede” intesa come credere ciecamente in qualcosa: pensare che domani, alle otto del mattino ci sarà il miracolo. Poi se lo fa dio, San Gennaro o chiunque altro poco importa. Viviamo in un disastro, in una cloaca; ma crediamo che domattina alle otto ci sarà il miracolo che ci cambia la vita. Aspettiamo Godot, che non arriverà mai.

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