Se per una volta ad andare in terapia non fossero i soliti marito e moglie in crisi o divorziati incapaci di gestire i figli? Se a scegliere la terapia di coppia fossero invece due amanti? Viviana e Modesto hanno entrambi famiglia. Sono sposati con altre persone, ma imperterriti portano avanti la loro laison da anni. Come tutte le coppie giungono a un periodo di crisi così lei contatta uno psicanalista, trascinandoci anche l’amante.

“Perché una coppia non sposata, non ufficializzata, non dovrebbe andare dall’analista?” Ha chiesto provocatoriamente ai suoi lettori Diego De Silva durante la presentazione romana del suo Terapia di coppia per amanti. “Credo che non ci sia nessuna differenza tra coppie ufficiali, coppie clandestine, sposate, inufficiali o meno quando la coppia s’instaura. Cioè una coppia quando diventa tale riproduce tutti i meccanismi, le stesse condizioni di reciprocità, gli stessi sensi d’urgenza, stessi obblighi e medesime prescrizioni, peraltro non scritte, perché una caratteristica tipica degli innamorati è quella di tacciarsi del rispetto di norme che non hanno neppure scritto. Guardate che due persone innamorate che si parlano, dall’esterno, sembrano totalmente pazze. L’amore non è un’esperienza normale, se ci pensate”.

Il suo romanzo affronta dinamiche comuni in una condizione scomoda e segreta dimostrando quanto l’amore sia imponderabile, soprattutto in tempi di totale liquidità delle relazioni e famiglie allargate. La scrittura è fresca e godibile. Tono leggero ma sempre arguto nei ragionamenti e nelle divagazioni acute quanto avventurose, talvolta, ma mai fini a sé stesse. De Silva racconta la sua nuova storia facendo parlare in prima persona i suoi Modesto e Viviana. Due punti di vista che configgendo si completano mostrando due metà della mela espanse a micromondi interiori.

I personaggi maschili sono un po’ pasticcioni, qualcuno ostenta sicumera e soluzioni nel taschino, altri traballano implacabilmente quando dovrebbero essere integerrimi bilancieri. La donna appare invece determinata nel perseguire razionalmente i propri amorosi scopi. Ogni pagina è imbevuta della ricerca d’amore e soddisfazione personale, ma la sconfitta, morale o meno, accompagna sempre e comunque più Modesto. “Il momento più alto del libro, a mio parere, è il punto in cui la coppia rivolgendosi al terapeuta, scopre che questi ha gli stessi problemi con la sua fidanzata”. Ha confessato Sergio Rubini durante la presentazione, lì per il suo film e per De Silva con alcuni reading dal romanzo, e snocciolando qualche pensiero su stile e personaggi dell’autore. “C’è una sorta di etica della perdenza, della sconfitta. Però ardimentosa, che si batte continuamente per cercare di avvalorare la propria tesi che egli per primo sa essere quella sbagliata. Facendo sì che le donne nei suoi libri trionfino. E in qualche modo anche l’amore. Qualche cosa che da una parte t’invade, ma da cui non ci si può assolutamente sottrarre”.

Rubini dirige la commedia Dobbiamo parlare. Sceneggiata anche da De Silva come paroliere ad arricchirla. È la parola la forza dell’autore: dalle elegie ironiche e puntigliose su Every Breath You Take dei Police ai ghirigori sulla Malafemmina di Totò, per non parlare della citazione televisiva di True Detective, a detta lapidaria dello scrittore “la miglior serie TV dell’anno scorso, ma a me non è dispiaciuta neanche quella con Colin Farrell”. Ha confessato rivelando, non solo tra le pagine, la sua passione per l’argomento. E noi che pensavamo ancora ai Dico.

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