L’ultimo a spegnersi è stato il telegiornale di Antenna Sicilia, da 36 anni la principale emittente dell’Isola. Battezzata da Pippo Baudo e Candido Cannavò, considerata per anni la testata di punta dell’impero di Mario Ciancio Sanfilippo, il patron del quotidiano La Sicilia, sotto inchiesta per concorso esterno a Cosa nostra, nelle scorse settimane Antenna Sicilia ha messo alla porta 16 tra giornalisti e tecnici. Solo l’epilogo di una crisi cominciata nel 2012, quando erano stati dichiarati in esubero 28 dipendenti su 55, e che ora ha portato al drastico taglio della redazione giornalistica. Il motivo? Sempre lo stesso: la continua crisi della pubblicità, che nel caso di Antenna Sicilia si affianca ai 17 milioni di euro depositati su conti svizzeri e sequestrati nel giugno scorso dal Ros di Catania all’editore Ciancio, nell’ambito dell’indagine ai suoi danni per mafia. Ma non solo. Perché a peggiorare le cose ci sono anche i 17 dipendenti licenziati nel maggio scorso da Telecolor, la tv gemella di Antenna Sicilia, acquisita dal gruppo Ciancio nel 2000, e quindi rifondata dopo l’azzeramento della vecchia redazione.

E dire che, fino a pochi mesi prima dalla smobilitazione delle redazioni giornalistiche, le due tv catanesi hanno incassato centinaia di migliaia di euro di fondi pubblici: e altri ne incasseranno in futuro. Sono i contributi erogati alle tv regionali dal ministero dello Sviluppo economico ai sensi della legge 448 del 1998, previo via libera del Corecom, che stila una graduatoria annuale: più alto sarà il punteggio totalizzato dalla singola emittente, maggiore sarà quindi il fondo assegnato dal Mise e liquidato nei mesi successivi. Nel 2013 i contributi erogati dal ministero alle emittenti regionali ammontavano in totale a 57 milioni, poi nel 2014 sono stati ridotti a 42, la stessa cifra confermata per il bando 2015, in scadenza in questi giorni. Soldi erogati dal ministero con l’obiettivo di aiutare le tv minori, garantendo quindi i posti di lavoro.

Per esempio nel 2014 Antenna Sicilia – già travolta dalla crisi – risultava destinataria di un contributo da 886.997 euro, previsto dalla graduatoria stilata in relazione all’anno precedente. Stesso discorso per Telecolor, che nello stesso arco di tempo si vede assegnata fondi pubblici per 414.635 euro. E proprio adesso che i fondi relativi al 2014 sono pronti ad essere riconosciuti ed erogati (nella graduatoria del Corecom, Antenna Sicilia e Telecolor sono come sempre in cima alla lista), le aziende di Ciancio si trovano a smobilitare il parco giornalisti, nonostante le due emittenti avessero nei fatti una redazione quasi unica e costi contenuti a fronte di contributi multipli.

“Servizi e cameramen erano uguali sia per il tg di Antenna Sicilia sia per il tg di Telecolor: cambiava solo la conduzione. Erano, nei fatti, due edizioni dello stesso giornale. Che prendevano contributi come se si trattasse di due giornali diversi”, spiega a Meridionews Flaminia Belfiore, volto storico dell’emittente catanese. Che non è l’unica ad avere incassato somme a sei cifre dal ministero dello Sviluppo economico, proprio mentre smobilitava le redazioni dei tg. Nel 2013 Tgs, altra grande emittente siciliana, di proprietà del gruppo Giornale di Sicilia, si era vista riconoscere dal Mise un contributo di 335.797 euro, e una cifra simile dovrebbe arrivare nei prossimi mesi: nonostante tutto nel gennaio 2015 la tv palermitana ha ridotto al minimo i collaboratori mettendo 15 tecnici in cassa integrazione dimezzata. “In pratica gli editori, non appena sono diminuiti i contributi, hanno iniziato a smobilitare le redazioni: scopriamo quindi che i giornalisti erano dipendenti pubblici anche se formalmente assunti da tv private”, dice Giancarlo Macaluso, presidente di Assostampa Sicilia. “La verità – continua – è che occorrono regolamenti più stringenti, criteri e organi di controlli per evitare che le emittenti azzerino il parco giornalisti continuando però a percepire fondi dallo Stato”.

La situazione, tra l’altro, non cambia nel resto d’Italia: in Campania, per esempio, dove a settembre Telenostra ha chiuso la redazione di Avellino, attiva da quasi quarant’anni, destinataria nel 2014 di un contributo di 184.172 euro. Erano entrati in sciopero nel luglio scorso i dipendenti delle emiliane Telesanterno e Telecentro, rispettivamente titolari di fondi pubblici per 309mila e 250mila euro: non ricevevano lo stipendio, nonostante avessero accettato di dilazionare le mensilità vantate in precedenza. Sempre in Emilia Romagna, l’emittente Rete 7 aveva imposto il contratto di solidarietà a 34 dipendenti, almeno fino al 31 dicembre 2014, mentre nel gennaio 2014 erano state chiuse le sedi di Modena e Reggio Emilia: tutto questo nonostante per il 2013 fossero stati stanziati contributi per 525.981 euro. Sempre in Emilia, nel marzo scorso, erano arrivate a farsi sequestrare le frequenze dalla guardia di Finanza Teleducato Parma, Teleducato Piacenza e il canale Allnews: secondo le Fiamme gialle Pier Luigi Gaiti, amministratore della società proprietaria Telemec spa, aveva presentato autocertificazioni false nelle domande presentate al ministero dello Sviluppo economico per ottenere fondi pubblici. Alla fine si era arrivati alla revoca di tutti i contributi ricevuti per un totale di 2.846.000 euro: cifra che non comprende i fondi previsti per il 2013, quando Teleducato si è aggiudicata 250.886 euro di fondi dal Mise. Poi nel maggio del 2015, il tribunale del Riesame di Parma ha dissequestrato le frequenze e annullato la revoca dei contributi, escludendo però l’emittente da ogni possibile sussidio per tutto l’anno successivo.

Sempre nel 2013 Tv7 Friuli Venezia Giulia si è aggiudicata un contributo da 466.652: merito del telegiornale tutto dedicato al Friuli. Esperienza congelata nel luglio del 2013, a due anni dal lancio. Nella stessa graduatoria, le emittenti lombarde Telereporter e Telecampione risultano titolari di contributi per 279mila e 432mila euro: è per questo che nel novembre del 2012, quando vengono annunciati 70 licenziamenti, i sindacalisti delle emittenti locali attaccano i vertici delle tv: “Hanno scelto deliberatamente di cessare ogni attività produttiva e giornalistica – dicevano – dopo avere incassato i soldi della rottamazione delle frequenze, valutabili in 22 milioni di euro e 1 milione e mezzo di euro dei contributi 2010 del Corecom, fondi pubblici che lo Stato elargisce a sostegno dell’editoria locale. In futuro quando giornalisti e tecnici saranno già tutti licenziati, continueranno ad incassare i contributi Corecom per gli anni 2011 e 2012, sempre derivanti dall’attività di informazione giornalistica”.

Parole simili a quelle messe nero su bianco da Cgil, Cisl, Uil e Stampa romana nel marzo scorso. “E’ inutile proseguire sulla strada dei comunicati di solidarietà che le istituzioni fanno piovere in automatico nei momenti cruciali: servono leggi, finanziamenti pubblici ad hoc e interventi privati responsabili, non coccodrilli da riesumare dai cassetti”, dicevano i sindacati, quando in crisi era Teleregione, emittente laziale comprata nel 1995 da Edoardo Caltagirone, che nell’agosto del 2014 ha messo alla porta i dipendenti. Al momento della chiusura la tv era titolare di un contributo pubblico da 190 mila euro, e risultava proprietaria (tramite la società editrice, la Sidis), di alcune fuoriserie: tra queste una Maserati e una Ferrari Scaglietti.

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