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Nella prima parte di questo articolo ho parlato di quanto bisogno d’Italia ci sia nel mondo (vedendola dall’Asia), di quanto Milano possa ambire ad essere la Capitale del capitale umano e di come la meritocrazia sia la prima cosa che possa aiutare a creare un ecosistema in cui sempre più persone di talento possano voler vivere e competere.

Ora proseguiamo dicendo che alla creazione di questo ecosistema la Politica può e deve partecipare in maniera significativa, non solo nell’ambito del merito, ma con interventi sostanziali e strutturali sul proprio territorio, che guardino al lungo periodo, come già iniziato bene, nel caso di Milano, dall’amministrazione Pisapia.

Gli interventi che migliorano le città e le rendono più belle, vive, dinamiche e attrattive sono un punto cruciale per attirare capitale umano. In questo senso, e per la Milano che immaginiamo, la nuova Bellezza (di nuovo intesa come “risorse che portano a sviluppo”) dovrà passare dalle periferie, e le periferie dovranno essere il Centro della città.

Lo saranno innanzitutto perché con la Città Metropolitana la visione complessiva della città cambierà, ma lo devono essere per il recupero e la presenza fisica di luoghi dove realmente i talenti possano essere accolti e possano esprimersi. Accolti con la facilitazione di nuovi incubatori di imprese innovativi, di nuovi spazi di co-working, di luoghi ove creativi, imprenditori e professionisti possano incontrarsi e fare rete per vedere realizzati i propri progetti di impresa partendo da zero.

E andando anche oltre agli incubatori di start up io penso che Milano possa e debba avere l’ambizione di essere un luogo dove possa ricrearsi un tessuto di nuove professioni artigiane che con la sfida della modernizzazione a tutti i costi sembravano sparire ma che fanno parte del DNA della nostra industria e della nostra terra, e che dobbiamo con orgoglio far rinascere in città.

Penso sia bello ed ambizioso immaginare Milano come la capitale mondiale del design, dell’architettura e della moda non intesa solo nelle sue parti industriali, glamour e globali ma soprattutto nella sua dimensione di laboratori creativi, di artigianalità e saper fare italiano, che tutto il mondo, lo ripeto ancora, è disposto a comprare.

Sapendo cavalcare fin da subito la nuova rivoluzione industriale dei makers, che sta portando ad nuovo modo di fare industria, e che è un treno che Milano non può e non deve perdere. A tal proposito sarà fondamentale il modo in cui utilizzeremo anche il grande numero di beni confiscati alle mafie, per i quali Libera ha fatto un lavoro straordinario.

Deve però essere fondamentale un approccio che sia focalizzato allo sviluppo, alla creazione di occupazione e di benessere diffuso. Quindi ben venga la precedenza all’utilizzo dei beni confiscati per attività di carattere sociale, e l’utilizzo prioritario da parte di chi per primo combatte quotidianamente questi fenomeni, ma considerando che i beni a disposizione sono molti di più numericamente rispetto alle esigenze del terzo settore e delle forze dell’ordine, mettiamo in atto un piano di reinserimento di capannoni, fabbricati, terreni, appartamenti e box nel tessuto produttivo della città.

Perché sia chiaro che la creazione d’imprese e quindi di lavoro è il primo fattore ad impatto sociale positivo in una società moderna. Parlando di appartamenti confiscati si è detto per esempio che possano essere messi in rete per creare un ostello diffuso a basso prezzo, per l’accoglienza degli studenti universitari. Idea giustissima.

Ma facciamo in modo che questi appartamenti, che in molti casi versano in cattive condizioni vengano messi a posto da squadre di studenti di architettura, da giovani geometri, da artisti e designer d’interni, da giovani artigiani e giardinieri, idraulici ed elettricisti.

A Singapore c’è un gruppo di architetti e di designer che si chiamano We Love Walk Ups. Prendono appartamenti vecchi e in cattive condizioni, li mettono a posto e li rendono piacevoli con investimenti limitatissimi, e poi li vendono a 10 volte tanto.

Che bello sarebbe se i beni che sono già di proprietà pubblica, con il carico simbolico dello Stato che si riprende ciò che è suo contro le mafie, venissero messi a disposizione per l’accoglienza dei talenti che vedono Milano come loro punto di approdo, ma dopo essere stati rivitalizzati da altri talenti che a Milano vivono e studiano e che da qui vogliono cominciare il proprio percorso di crescita.

Milano deve poter essere il punto di partenza delle carriere di ognuno, un banco di prova della vita professionale. Nel caso dei beni confiscati, così come in quello degli spazi post industriali di proprietà del comune, il tema è sempre lo stesso: riappropriarsi di parti di città dismesse o dimenticate, reinserendole nel tessuto produttivo, per favorirne lo sviluppo e rendere Milano la città leader europea degli anni ‘Venti di questo secolo, sfruttando tutte le potenzialità sino ad oggi non sfruttate.

Per farlo abbiamo bisogno del talento di sempre più persone, della visione degli imprenditori, dell’impegno di professionisti e lavoratori, ma soprattutto abbiamo bisogno di una politica che faccia da regista di questo progetto. Ciò che ritengo bellissimo nel ruolo della Politica è il suo essere coordinamento, al centro dei processi e avere la capacità decisionale di poter migliorare le sorti di un Paese, di una città e della sua comunità.

Troppi non credono più nel ruolo della Politica e in quanto possa essere fatto. Bene, io a queste potenzialità credo tantissimo, e guadando l’Italia da un qualunque caffè di un qualunque aeroporto del Sud Est Asiatico ancora di più.

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