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E LE AZIENDE FANNO MURO: "HANNO BUONI AVVOCATI" - 4/5

Giuseppe Fiengo è uno dei tre amministratori scelti in accordo con Cantone dopo gli arresti: "In tutti gli incidenti che stanno capitando al Mose ci accorgiamo che chi doveva fare il lavoro non l'ha fatto", dice a ilfattoquotidiano.it. Dalla rottura di un cassone all'avaria di una nave di supporto sui cui ora indaga la Procura di Venezia. Intanto, dopo la cura, i costi di gestione del consorzio tracollano. "Stiamo continuando i controlli sugli appalti". E restano i dubbi sulla diga: le bocche di navigazione non sarebbero adatte all'accesso dei portacontainer. Corsa per rispettare la scadenza del 2018
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E LE AZIENDE FANNO MURO: “HANNO BUONI AVVOCATI”

Una delle “criticità” citate dal commissario potrebbe avere delle conseguenze clamorose: ancora non è chiaro infatti quali tipi di navi possano effettivamente approdare al porto di Venezia con il Mose in funzione. Le conche di navigazione costruite appositamente non accoglierebbero i portacontainer che oggi abitualmente arrivano. “C’è stata incertezza nella fase di progettazione nel definire quale era la nave tipo che dovesse approdare. Incertezza significa esecuzione distorta dei lavori, poi si è pure rotta la porta di accesso” sottolinea Fiengo.

I commissari devono usare anche molta diplomazia: “Difficile dire se i problemi sono nati in fase di studio, di progettazione o di esecuzione e stabilire di chi è la responsabilità. Interloquiamo con soggetti molto attrezzati, con buoni avvocati” sottolinea ironico l’ex avvocato dello Stato. “Comunque siamo ben sostenuti dal prefetto di Roma, da Cantone e anche dal ministro – racconta Fiengo – le volte che le imprese hanno provato ad alzare la testa siamo stati supportati”.

Raffaele Cantone 675

Il commissario comunque conferma, con comprensibile prudenza, che “l’obiettivo è chiudere i lavori il 2018 e, per ora, non ci sono fatti che pregiudichino questo impegno. Ci sono tante criticità, ma tutte compatibili con quella data”. Anche sull’ipotesi di un non funzionamento dell’opera Fiengo si dimostra prudente: «Penso di no, il problema reale è un altro, l’opera è molto frammentata e metterla insieme non è facile. E’ stata frammentata sia per motivi tecnici che di ‘distribuzione di risorse‘, si poteva suddividere il lavoro per bocche di porto invece si è suddiviso per segmenti che adesso è complicato assemblare». Ora insomma viene la parte più difficile anche perché, nel cronoprogramma dell’opera, gestito dalla “cricca”, sono stati programmati all’inizio i lavori più lucrosi e, comunque, quelli che riguardavano l’utilizzo del cemento si cui avevano più professionalità interne, «lasciando alla fine gli impianti, gli appalti più ‘magri’, più difficili». SEGUE

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