Tsipras in piazza 5

Altro giro, altra corsa. Alexis Tsipras, dopo le dimissioni a sorpresa di metà agosto e le annunciate elezioni anticipate, ha riconfermato la solidità della propria leadership trionfando alle urne nella giornata di ieri. Chi si aspettava un calo più o meno drastico del gradimento del popolo greco verso il premier uscente è rimasto deluso: la percentuale complessiva di preferenze raccolte da Syriza diminuisce di meno dell’1% delle schede valide rispetto a gennaio scorso. Il messaggio, chiaro e cristallino, è che Tsipras è ancora vivo e annuncia di esser pronto a dare battaglia per “cambiare i rapporti di forza in Europa”.

Uno a uno e palla al centro? Decisamente no, perché dalle elezioni di fine gennaio sono passati otto mesi, e tanto è accaduto (e anche non è accaduto) nel frattempo. Il primo dato rilevante che si evince dai risultati di domenica sera è che i greci si sono stancati di andare a votare: come biasimarli, del resto, considerato che si è trattato della terza consultazione elettorale – compreso il referendum – in meno di un anno? Ciò potrebbe poi far sorgere degli interrogativi sulla concretezza e la fattività dell’azione del primo governo Tsipras nei mesi dall’inizio dell’anno a oggi, ma se n’è già parlato lungamente in varie occasioni.

Il secondo elemento da considerare è la naturale e spontanea domanda sulle sorti dell’intesa raggiunta con i creditori lo scorso luglio. Sembra chiaro che nulla sia destinato a cambiare, su un piano formale, sotto quel punto di vista: di fatto, le urne non hanno mutato gli equilibri e i rapporti di forza tra Grecia e resto d’Europa, né si è trattato di una consultazione sulla validità del terzo piano di aiuti concesso ad Atene. Il segnale politico, però, potrebbe essere di non trascurabile importanza: Tsipras ha ribadito con i numeri di avere il popolo dalla sua parte e, se l’obiettivo è di presentarsi in Europa unitamente alle altre forze di sinistra per provare a mescolare le carte in tavola, lo slancio ripreso dal fronte continentale anti-austerità dopo la vittoria di Jeremy Corbyn nel Regno Unito non potrà che risultare d’aiuto in questo senso.

Il terzo dato evidente è che i greci sono testardi – in senso buono e meno buono – e non possiamo farci niente. Significativa la stima che hanno deciso di continuare a riporre nel leader di Syriza, che risulterà utile nei prossimi mesi in sede di contrattazione con i creditori e di realizzazione delle riforme promesse, soprattutto in termini di credibilità (non hanno fatto l’errore di cominciare a cambiare il loro rappresentante in Europa con la frequenza con cui si fa il cambio di stagione dei vestiti nell’armadio, come invece non abbiamo evitato di fare noi).

Da non trascurare assolutamente, però, è il risultato di Nea Dimokratia. La festa di Syriza sarà pure durata tutta la notte, ma il partito conservatore – che insieme al Pasok ha governato la Grecia dalla caduta dei colonnelli alla fine del 2014 e ha, di fatto, contribuito a traghettare il Paese nella situazione in cui versa oggi – ha ottenuto il 28% dei voti. Per di più, dopo le rivelazioni dell’indagine condotta dall’ex ministro anticorruzione Nikoloudis, si parla di un partito coinvolto in uno degli scandali pubblici più gravi della Grecia contemporanea ed esposto per ben 200 milioni (insieme al già citato Pasok) in prestiti mai restituiti alla Banca Nazionale dell’Agricoltura e contratti nell’arco di tempo che va dal 2000 al 2012 – quindi anche sotto il regime del primo memorandum.

Come se non bastasse, la testardaggine greca si ripete in negativo negli ultimi dati sull’evasione fiscale dilagante nel Paese: secondo la stessa indagine, il buco nel gettito fiscale degli ultimi cinque anni è stato di 37 miliardi, viaggiando a una media di circa un miliardo al mese dall’inizio del 2014. I conti non tornano per cifre che si aggirano intorno al 30% delle entrate fiscali potenziali complessive, circa il doppio rispetto alla media degli altri Paesi dell’Unione Europea.

Duri a morire sì, ma anche duri a invertire rotta. È proprio questo, invece, quel che si auspica Tsipras, che ha ringraziato Kammenos – leader dei Greci Indipendenti di Anel – per essersi unito a lui “sotto la bandiera dell’onestà” e che ha conferito al nuovo mandato una dimensione quasi salvifica destinata a “liberarci da tutte le cose che ci tengono fermi al passato”. Il resto d’Europa non può che augurarsi che ciò non li induca in tentazione ed effettivamente ci (e li) liberi dal male. Ancora una volta, starà a Tsipras e ai greci sapersi giocare bene le proprie carte. Amen.

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