L’appuntamento è in un ristorante a due passi dal Duomo di Milano, in una calda giornata di fine giugno. Pasquale Pezzillo arriva in treno da Bologna, dove vive, e ha il physique del perfetto musicista: capelli lunghi, t-shirt e jeans. È il frontman dei JoyCut, un trio di avanguardia elettronica che ha suonato sui palchi di mezzo mondo e all’estero è un nome di successo, ospite di Festival di livello assoluto. Pochi giorni fa i JoyCut hanno aperto le due date italiane di Padova e Roma dei Chemical Brothers e nelle prossime settimane saranno in giro per l’Europa. L’ultima data è stato il Rock for People di Plzen, in Repubblica Ceca, e in passato si sono già esibiti negli Stati Uniti, in Belgio, in Olanda, in Francia, in Estonia, in Inghilterra, giusto per nominare qualcuno dei tanti paesi che hanno toccato negli ultimi anni.

Pasquale racconta la sua avventura musicale con la consapevolezza di chi sa di non poter fare altro nella vita. Partito da Potenza, Pezzillo si è trasferito a Bologna da giovanissimo e la sua formazione, anche umana e non solo musicale, ha molto di bolognese. Negli atteggiamenti, nell’apertura, nella voglia di sperimentare e di mettersi in gioco. Da qualche mese i JoyCut sono entrati a far parte dell’ambita scuderia Sugar, ma gli obiettivi della band sono chiarissimi, nonostante l’ingresso nella musica che conta dalla porta principale. Hanno il loro pubblico, non puntano a un target mainstream che sanno di non volere e di non potere avere. E Caterina Caselli, che la sa lunga e ormai è quasi stupido anche soltanto ribadirlo, ha voluto puntare lo stesso sul loro talento, che come capita spesso in questi casi, fino a oggi è stato riconosciuto più all’estero che in Italia.

Mentre si chiacchiera di musica e prospettive, viene fuori il lato più interessante della parabola professionale di Pezzillo: insegna filosofia nelle scuole superiori. E’ un elettro-prof precario, ovviamente, ma ogni anno viene convocato per l’incarico annuale da settembre a giugno. Probabilmente rientrerà nell’infornata di assunzioni annunciata da Renzi, e lui non ha la minima intenzione di mollare la cattedra. A guardarlo potrebbe sembrare il solito professore alternativo stile “L’attimo fuggente”, e invece ci tiene a precisare che no, non instaura quel tipo di rapporto con gli alunni. Mantiene la distanza, preserva l’autorevolezza del ruolo, e i suoi studenti non sanno nemmeno che fa musica, e che la fa anche ad alti livelli. Qualcuno lo ha scoperto grazie ai social, qualcun altro lo va a sentire in concerto, ma i due aspetti della sua vita sono nettamente separati.

Non vuole i concerti negli stadi, e non è come la storia della volpe che non arriva all’uva. Preferisce lunghi tour internazionali con un pubblico magari più ristretto ma fedele, costante, che apprezza davvero la sua musica e che segue il percorso dei JoyCut con competenza e passione consapevole. Pasquale ripete spesso che la musica dei JoyCut non ha passaporto, e sentire una cosa del genere in Italia fa sempre uno strano ma benefico effetto. E le prossime date estive sembrano dare ragione a questo approccio cosmopolita: il 23 luglio a Vilnius, il giorno dopo a Kaunas, il 25 a Zarasai (in Lituania), poi il 12 agosto si torna in Italia, per il Farm Festival di Alberobello, e a settembre si va a Vic, in Spagna, e a Vienna. Viene quasi voglia di sperare che i JoyCut non diventino mai troppo noti in Italia, perché rischierebbero di perdere questa connotazione internazionale che li rende quasi unici nel panorama nostrano. Quasi due ore di pranzo e chiacchierata fanno ben sperare: Pasquale Pezzillo non sembra il tipo disposto a rinunciare a un preciso stile musicale e di vita pur di ottenere il successo di massa. Niente di sbagliato nel volerlo raggiungere, per carità, ma ogni tanto servono anche esempi come i JoyCut, a ricordarci che la musica è anche questo, nonostante tutto.

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