Per i candidati repubblicani alla presidenza, la strage di Charleston sta diventando fonte di grave imbarazzo. Non è soltanto la questione della bandiera degli Stati confederati a trascinare i repubblicani in un dibattito che avrebbero preferito evitare. Emerge ora che alcuni dei candidati del G.O.P. alle presidenziali 2016 – tra questi Ted Cruz, Rick Santorum, Rand Paul – hanno ricevuto finanziamenti elettorali dall’uomo che Dylann Roof, il 21enne sospettato del massacro di Charleston, cita come fonte di ispirazione nel “Manifesto” razzista postato nel suo sito.

Nel “Manifesto”, Roof scrive di aver avuto per la prima volta notizia di “brutali assassinii da parte di neri ai danni dei bianchi” dal website del “Council of Conservative Citizens”, un gruppo con sede in Missouri guidato da Earl Holt III, 62 anni, un suprematista bianco conosciuto per le sue opinioni ferocemente razziste. Raggiunto telefonicamente dal “Guardian”, che per primo ha rivelato la notizia, Holt ha detto di essere occupato e ha riattaccato. Poco dopo lo stesso Holt ha rilasciato una dichiarazione. Ha detto di “non essere sorpreso” dal fatto che Roof avesse preso ispirazione dal suo sito, che parla di “relazione tra le razze in modo accurato e onesto”. Holt ha comunque aggiunto che “il Council of Conservative Citizens non può essere riconosciuto responsabile delle azioni di un pazzo che ha semplicemente raccolto le nostre informazioni”.

Negli ultimi quattro anni, una serie di commenti pesantemente razzisti sono stati postati su “The Blaze”, un organo di stampa di orientamento conservatore, e su altri siti da uno user che si firma “Earl P Holt III di Longview, Texas”. In un commento Holt si riferisce agli afro-americani come “Africanus Criminalis”. In un altro dice di aver acquistato e di essere diventato esperto nell’uso di “molte armi da fuoco” per evitare di essere ammazzato dai non-bianchi. In un altro ancora lo user che si identica con il nome di Holt scrive che gli attivisti neri “vi uccideranno, stupreranno tutta la vostra famiglia, bruceranno la vostra casa”. Holt, che spesso nei suoi messaggi definisce gli afro-americani “niggers”, negri, si accanisce in un’occasione anche contro il governo americano, che distribuisce i soldi delle sue tasse “a ogni imbroglione del welfare, trafficante di droga, spettatore di Oprah, criminale, alcolizzato, drogato, parassita in America”.

Un portavoce del “Council of Conservatice Citizens” ha confermato che lo user che si firma come “Earl P Holt III” è davvero il presidente del gruppo. Holt avrebbe anche, negli ultimi anni, contribuito con almeno 65 mila dollari alle campagne di molti politici repubblicani. Ted Cruz ha ricevuto almeno 8500 dollari. Il RandPAC, il comitato politico di Rand Paul, ha incassato 1750 dollari da Holt; 1500 sono andati a Rick Santorum. Se i collaboratori di Ted Cruz hanno detto che la donazione di Holt verrà immediatamente restituita, Rick Santorum ha fatto sapere di “non giustificare alcuna forma di razzismo”, mentre Rand Paul non ha per il momento risposto alle richieste di chiarimenti.

L’imbarazzo dei repubblicani è comunque forte. Essere in qualche modo collegati a Holt, e dunque a Dylann Roof, l’autore presunto di uno dei crimini razziali più efferati di tutta la storia americana, non è quello di cui i candidati avevano bisogno in questo momento della campagna. Anche perché la vicenda dei finanziamenti si intreccia a un’altra storia potenzialmente pericolosa: quella della bandiera degli Stati confederati, che fino al 2000 sventolava sulla cima del Campidoglio del South Carolina, a Columbia; che poi è stata rimossa e spostata accanto a un memoriale ai soldati confederati, conservando comunque una posizione di primo piano accanto all’Assemblea che rappresenta tutto il popolo del South Carolina.

Per alcuni quella bandiera è simbolo di odio e divisione razziale; per altri è parte integrante della storia e della memoria dello Stato. Il dibattito su dove la bandiera debba essere collocata – se debba essere completamente rimossa e collocata in un museo – prosegue da tempo ed è stato ulteriormente rinfocolato dalla strage di Charleston. In diverse fotografie si vede infatti Dylann Roof avvolto o nell’atto di sventolare la bandiera, i cui colori appaiono anche sulla targa della sua macchina. Inevitabile che il tema abbia anche ripercussioni sulla campagna elettorale delle presidenziali – considerato che il South Carolina è il terzo Stato che voterà alle primarie 2016. Sul tema, Hillary Clinton ha preso, già nel 2007, una posizione inequivocabile. “La bandiera va rimossa”.

Molto più sfumata la posizione dei candidati repubblicani. Marco Rubio pensa che “lo Stato farà la scelta più giusta per i cittadini del South Carolina”. Scott Walker dice di non voler parlare della bandiera “sino a quando le vittime di Charleston non verranno sepolte”, mentre Jeb Bush ricorda che, da governatore della Florida, ordinò che la bandiera sudista venisse collocata in un museo – “dove appartiene” – ma aggiunge anche di essere certo che i cittadini del “South Carolina faranno la cosa giusta”. L’imbarazzo dei candidati repubblicani, la loro riluttanza a parlar chiaro, diventano molto più comprensibili se si pensa proprio alle primarie del 2016. Chiedere la rimozione della bandiera sudista significa alienare l’elettorato più tradizionale e conservatore. Non chiederne la rimozione, significa allontanare quello più moderato. L’unico che, in questo caso, può tranquillamente dire come la pensa è un repubblicano che non ha più niente da perdere, almeno elettoralmente. E’ Mitt Romney, che in un tweed dice: “Tirate giù quella bandiera”.

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