Il quadro sta cambiando. Se si andasse al voto oggi con l’Italicum la gara fra Pd e M5s sarebbe al cardioplama, con uno stacco di appena 2,4 punti a favore del partito di Renzi. Tutta un’altra storia rispetto al doppiaggio di un anno fa.

L’ultima analisi di Ilvo Diamanti per Repubblica ci mostra un tonfo del Pd che nei sondaggi passa dal 40,8% di un anno fa al 32,2% di oggi. Ma a sorprendere ancora di più è il gradimento del segretario – premier Renzi, che è quello che conta maggiormente in un partito così personale come il nuovo Pd. La fiducia che gli italiani ripongono in lui crolla dal 69% di un anno fa al 39% di oggi. Trenta punti persi per strada in un solo anno. La prova del nove di questa precipitazione è l’ascesa continua della forza anti-Pd per eccellenza, il M5s, che vola al 26,1% nei sondaggi.

Cosa è successo? Forse Renzi ha esaurito il tempo messo a sua disposizione dagli italiani, i quali informandosi ed analizzando i risultati del governo e le promesse mantenute hanno deciso di togliergli la fiducia? Ammettere che il nostro popolo decida con tale giudizio significa ammettere che il 41% al Pd dello scorso anno non sia arrivato per gli 80 euro ma per un’accurata analisi dei meriti di Renzi e del suo programma a lungo termine.

Più realisticamente, almeno per la grande massa che non segue la politica e non si informa accuratamente, le cause del calo di fiducia in Renzi vanno cercate nei meccanismi della comunicazione politica moderna. Tutta colpa dello storytelling, del sistema dell’odierna comunicazione bulimica che punisce chi non riesce più ad emozionare a causa di una narrazione ripetitiva. La stessa bulimia che lui ha sfruttato per fare la sua scalata al potere due anni fa.

Siamo arrivati a questo tipo di comunicazione dalla crisi economica mondiale iniziata nel 2007. In quel momento e per gli anni a seguire i popoli hanno preso coscienza dell’impotenza dei loro governanti. Così l’immagine del leader è cambiata, passando gradualmente dall’incravattato ed irraggiungibile capo supremo all’immagine casual di uno di noi. L’aura sacra dell’uomo – dio al comando andava scomparendo mano mano che i leader cedevano sovranità alle autorità sovranazionali, come l’Ue. Da qui l’esigenza di scendere sulla terra.

Da quel momento gli elettori -quei pochi rimasti, l’astensionismo è conseguenza di questa perdita di potere da parte dei leader- hanno iniziato a votare non più un programma politico, che probabilmente non si può attuare a causa dei limiti imposti da chi comanda davvero, ma la storia migliore, quella più avvincente, emozionante, quella più simile a quella che vogliono sentire.

La storia non riguarda necessariamente un programma politico, ma se stessi, la strada che si è percorsa per arrivare fin lì, la propria visione, il look, la famiglia. Da questo deriva la crescente personalizzazione dei partiti.

Quand’è che l’elettore fa zapping per così dire, cioè cambia partito? Quando la contro-narrazione, quella che gli avversari mettono in campo per contrastare il narratore principale al governo, diventa più avvincente della sua.

Quando si resta troppo a lungo sulla stessa narrazione, il pubblico, che si nutre di emozioni, si annoia e cerca altro. Questo è avvenuto dopo le elezioni del 2013 con Grillo, il quale una volta che il M5s è entrato nel Palazzo ha continuato comunque la narrazione del “tutti a casa“. Ora che dalla protesta si è passati alla proposta, e la narrazione dominante è quella di una squadra pronta a governare anziché a mandare a casa chi governa, i consensi salgono.

Renzi iniziò con la storia vincente del rottamatore (una versione moderata del “tutti a casa”), per poi passare con tempismo perfetto a quella del velocista: dobbiamo fare e farlo in fretta. Stop. Oggi ripete questo refrain, mentre il centro della scena si è spostato dall’Aula alle coste italiane, e gli avversari, Lega e M5s, riescono a coinvolgere maggiormente gli elettori proponendo le soluzioni -chi più, chi meno realistiche- che gli italiani vogliono ascoltare.

Infatti, sempre secondo il sondaggio di Diamanti, ancor più della disoccupazione lo scontento maggiore degli italiani nei confronti del governo è per le scelte in tema di immigrazione. La maggior parte di loro vorrebbe respingere anziché accogliere le navi di migranti.

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