Scrivo per effettivo giramento di ovaie, dopo aver letto per l’ennesima volta la parola “raptus” associata non solo al singolo delitto, come lo stupro della tassista romana, ma addirittura ad una strage compiuta da un tale che s’è messo semplicemente a fare il tiro a segno. Come si fa a ragionare di soluzioni e prevenzione per evitare anche questo genere di delitti se si continuano ad offrire alibi morali, sociali, diagnosi di una cosa che non esiste, perché non si capisce chi per primo abbia parlato di raptus e se ci sia una spiegazione clinica, medica, patologizzante per spiegarlo.

Posso dire che secondo me sono tutte stupidaggini? L’uomo che ha ucciso moglie, fratello, cognata e un vicino di casa, oltre ad aver ferito cinque persone, se non erro, non ha fatto quel che ha fatto perché è meridionale, perché l’altra scusante è sempre di tipo etnico, perché incredibilmente – e so di sorprendervi non poco – a sud non esistono solo assassini, se così fosse ci saremmo già estinti. Non l’ha fatto neppure per questa cosa che chiamate raptus perché di una persona che per un filo in cui stendere i panni combina quel macello sono sicura che i segnali per prevedere questa conclusione ci fossero già tutti.

Però nessuno vede, sente, dice, spiega che: non era una brava persona “che salutava sempre”, ma probabilmente era un fanatico che collezionava armi, sempre pronto a dare dimostrazione di machismo la notte di capodanno e chissà quante volte ha alzato la voce o ha trattato male i membri della sua famiglia. Non so niente di quest’uomo ma quel che ho visto, in tanti anni di osservazione di vari contesti, è che la violenza non arriva in un momento. C’è già. Viene esercitata in mille modi. Viene accettata, omertosamente coperta e scambiata addirittura per vigore virile. Sapete di quelle storie idiote sull’uomo che in casa si deve fare valere, quello che porta i pantaloni, i figli che al suo arrivo devono tacere e la donna che invece deve stare muta e apparecchiare? A questo si aggiunga che tipico di famiglie così è il fatto che la famiglia normalmente sa, come può sapere chi vive costrett@ in una condizione di dipendenza, schiavitù e soggezione, perciò si fa di tutto per evitare di fare incazzare il titolare del posto a capotavola, gli si nascondono delle cose perché altrimenti apriti cielo, sostanzialmente gli si evita di affrontare la vita e crescere una buona volta dando prova di saggezza, forza, autorevolezza invece che di tirannia o autoritarismo.

Certo, tipi così sono padri (padroni) di famiglia, lavorano, portano il pane in casa, si dice che facciano il proprio dovere, mentre i familiari pagano il prezzo di mille frustate reali o metaforiche sulla schiena per ogni cosa ottenuta. Chissà chi era o è quest’uomo. Chissà che storia, che vita, che passato o presente lo riguardano. Possono essere vere tutte le cose ipotizzate o anche no. Quel che sicuramente non può essere vero è che un tipo, di punto in bianco, per effetto di un “raptus”, per un litigio con oggetto “filo per stendere il bucato”, prenda un fucile per uccidere chiunque gli capiti a tiro.

Ho proprio un discreto odio per la parola “raptus”, così come si disse anche per lo stupro compiuto da un romano, non un rumeno, nei confronti di una tassista, una donna che lavorava per le strade della capitale. E che dire dei presunti  raptus che capitano a persone che uccidono coniugi, parenti, figli, chiunque. So che parlare di raptus è la strada maestra che conduce all’attenuante che parla di incapacità di intendere e volere, ma qui fuori, cioè noi che non siamo in un tribunale, noi che dovremmo fare cultura, perché ripetiamo parole che siamo certi siano sbagliate? Come si può prevenire il prossimo “raptus” se la società sembra perfino averne comprensione, come si fa con i pazzi. Come si fa a ragionare di cultura e a raccontare un’altra verità, fatta di responsabilità che appartengono ad un contesto, mi riferisco a quello stesso contesto che probabilmente per liberarsi dal terrore che tanta mostruosità gli appartenga parte al linciaggio dell’assassino per individuare solo il male fuori da lui. Come si fa a occuparsi di delitti, stragi, pari a quelli di una qualunque Columbine americana. Come, se si ha il terrore di guardare il male dentro di noi?

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