Cucina

Degustazioni, l’assaggio del vino diventa ‘emozionale’: quando bere un bicchiere rilassa e ‘coccola’

Siamo a Cortona, precisamente a Pietraia, per la prima tappa di un viaggio nelle 'terre del vino' italiane

di Barbara Giglioli

Pensate al sole buono della Toscana che bacia i grappoli d’uva e li rende maturi, pronti per innescare il miracolo della vendemmia. Siamo a Cortona, precisamente a Pietraia e l’azienda in questione è Baldetti. Una famiglia che produce vino dal 1960, da quattro generazioni. Alfonso, attuale titolare dell’azienda, spiega: “Tutto iniziò con mio nonno Domenico e proseguì con mio padre Mario. Ora ci sono io con i miei figli Daniele e Gianluca”. A cavallo tra le due guerre si produceva uva in maniera industriale. Una parte di vino dell’azienda serviva per il consumo della famiglia e una parte veniva venduta ai commercianti. L’azienda fu una delle prime della zona a imbottigliare. “Avevamo il vino bianco, ma anche il rosso, che per mio padre era solo Sangiovese” continua Alfonso. Ora l’azienda fa parte della Cortona Doc, il consorzio nato nel 2000, il cui vitigno più importante è il Syrah. Spiega Baldetti: “Abbiamo voluto mantenere il Sangiovese, in ricordo di mio padre e anche perché è un vitigno che ben si adatta al territorio. Il prodotto top rimane però, senza dubbio, il syrah”.  Alfonso, proprio sull’esempio del padre, ha dato completa autonomia ai suoi due figli: “E’ giusto che siano loro a proporre in cantina. Hanno idee più giovani e il mercato, oggi, è fatto da giovani”. Continua poi: “Senza la certezza di continuità dei miei figli, avrei fatto sicuramente scelte diverse”. E quando parla di “scelte” si riferisce alla ristrutturazione della cantina tra il 2010 e il 2012. “Era un sogno che avevo da moltissimi anni- spiega Baldetti- potermi tuffare nella produzione di vino è stata una grande cosa e sono stato fortunato, perché i miei figli hanno le stesse mie passioni”.

La prima domanda al primogenito. Daniele che cos’è per te il vino?
E’ allegria. E’ meraviglioso poter condividere una bottiglia, perché oltre alle emozioni delle persone, ci sono quelle del vino stesso. La degustazione è un mondo affascinante, variegato.

Il vino è emozione. Per questo avete in programma di organizzare delle degustazioni emozionali?
Esatto, verranno inaugurate il 30 e il 31 maggio, in occasione di Cantine Aperte. Sarà una degustazione che coinvolgerà tutti i sensi. Io credo che nel momento in cui riesci, attraverso un prodotto come il vino, a far rilassare una persona, a coccolarla, quel profumo, da quel momento in avanti, viene associato per sempre a una sensazione di benessere.

Che effetto fa a un produttore poter realizzare un proprio vino?
E’ un gran bell’effetto, perché realizzi un prodotto a tua immagine e somiglianza. Il prodotto che fai deve innanzitutto piacere a te e identificarti.

Il tuo vino è il Piet Rosè, il rosato di casa Baldetti.
Sì, il rosé è stato fortemente voluto da me. E’ un blend dei nostri tre vitigni a bacca rossa: merlot, syrah e sangiovese. Lo abbiamo chiamato così perché è il vino dedicato a Pietraia, ossia il luogo dove risiede l’azienda e dove sono i nostri vigneti.

Mentre il tuo prodotto, Gianluca, è l’igt di casa Baldetti, il Caparbio.
Esatto. La prima annata è 2013. E’ per il 90% sangiovese e per il 10% syrah. E’ stato pensato per un mercato estero, perché ci serviva un vino entry level per arrivare a mercati europei e americani. E’ un vino molto profumato, rosso intenso. Ha una struttura ben definita, un’acidità importante, data la giovinezza. L’eleganza dei tannini del syrah ammorbidisce il sangiovese.

Come mai hai deciso di chiamarlo Caparbio?
Perché è un vino caparbio, che ha l’intenzione di entrare a gamba tesa in determinati mercati.

Daniele e Gianluca, come nasce la vostra passione per la viticoltura?
Diciamo che nel biberon avevamo già un po’ di vino (ridono ndr.). Siamo praticamente nati in cantina. Sin da piccoli, forse facendo più danni che dando un contributo, abbiamo partecipato alla vendemmia.

Daniele, qual è il primo ricordo che hai del vino?
L’odore della vinaccia fermentata. Quando avevamo la vecchia azienda, facevamo anche grappa. Io avevo circa dieci anni e mi divertivo a spostare con il rastrello le vinacce. Quello era il momento della vendemmia e quel profumo era onnipresente. Le mie sinapsi hanno associato quell’odore alla felicità.

E il tuo, Gianluca?
E’ l’odore che sentivo in cantina, quando venivano portate le damigiane, riempite successivamente dai serbatoi di cemento. Nei periodi di imbottigliamento mi piaceva vedere il camion che arrivava.

Ricordate quando per la prima volta avete assaggiato del vino?
Io ricordo benissimo che nonna, quando Gianluca era piccolo, gli bagnava il ciuccio nel vino. Il vino è sempre stato parte di noi.

Marius è il vino pensato in onore del nonno. Naturalmente è un sangiovese.
Sì. Il nonno era molto legato a questo vitigno. Per lui il vino rosso era solo Sangiovese. Il Marius è per il 90% sangiovese e per il 10% merlot.

Una delle particolarità dell’Azienda Baldetti è quella di non abusare dei legni. Come mai questa scelta?
Perché il legno è un mezzo che aiuta l’evoluzione del vino, ma non ne deve snaturare le caratteristiche. Un vino Baldetti stralegnoso non esisterà mail. Fino a qualche anno fa, se non avevi vini con queste caratteristiche, eri escluso dal mercato. Per noi sarebbe stato più facile fare un vino dove il legno era dominante, ma è una pratica che non ci è mai piaciuta. Il legno deve servire a complessare il vino non a renderlo diverso.

Per la Cortona Doc il vitigno sovrano è il syrah. Voi avete Crano, che è 100% syrah.
Esatto, Crano è il nostro syrah. Questo vitigno trova nella zona di Cortona le condizioni ideali, grazie all’influenza dal Lago Trasimeno e alle caratteristiche del terremo. Abbiamo deciso di chiamarlo Crano, perché era il nome di uno dei figli di Noè, che era il re della città.

Oggi si parla molto spesso di vino biologico e biodinamico. Voi cosa ne pensate?
Noi non siamo un’azienda né biologica né biodinamica per scelta, ma ad alto rispetto ecologico. Utilizziamo i trattamenti strettamente necessari. Non seguiamo solo il calendario dei trattamenti, ma abbiamo un nostro controllo in base alla temperatura, all’umidità e al singolo momento. Interveniamo in vigna e in cantina solo quando è necessario. Per esempio facciamo un uso di solfiti molto limitato, anche perché i primi consumatori dei nostri vini siamo noi.

Il vin santo è tipico della Toscana. Voi avete Leopoldo.
Sì, Leopoldo è il nostro vinsanto. Viene lasciato fermentare nei caratelli in rovere. Qui ha un affinamento minimo di cinque anni e uno successivo in bottiglia di minimo 6 mesi.

Ogni prodotto ha suo un segreto. Qual è quello del vin santo?
E’ la madre. I caratelli vengono riempiti del mosto nuovo, chiusi ermeticamente e dimenticati per minimo 5 anni in un luogo condizionato, al buio.
Dopo questo lungo periodo si aprono ed è una vera e propria sorpresa. Può capitare che un caratello abbia avuto un’evoluzione meravigliosa, come è possibile che abbia avuto delle deviazioni. E’ a quel punto che si decide quali caratelli faranno parte del blend del vin santo. La madre è il deposito e sarà proprio quella dei caratelli più buoni ad essere divisa negli altri.

 

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