Più potere allo Stato sui Lea sanitari (i Livelli essenziali di assistenza, ovvero l’ insieme delle attività, dei servizi e delle prestazioni che il Servizio sanitario nazionale eroga a tutti i cittadini gratuitamente o con il pagamento di un ticket, indipendentemente dal reddito e dal luogo di residenza). È l’appello che le principali organizzazioni nazionali di pazienti fanno al Parlamento per mettere fine alle disparità regionali nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in sanità.

Una sfida che potrebbe trovare terreno fertile nel ddl sulle riforme costituzionali in queste ore al vaglio della Camera e nei prossimi giorni al Senato. “La posta in gioco è di correggere gli errori compiuti con la riforma del 2001, con l’assicurazione in forma esplicita e concreta che ai cittadini, ovunque essi risiedano, vengano garantiti eguali livelli essenziali sanitari” si legge nel comunicato della Favo (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia), che si è fatta promotrice della causa. Il presidente della commissione Affari sociali alla Camera Pierpaolo Vargiu (Sc) l’ha inserita in un emendamento a sua firma che però è stato respinto il 10 febbraio, ma verrà riproposto a Palazzo Madama. La modifica riguarda la lettera m) dell’articolo 117 della Costituzione e intende estendere la competenza esclusiva dello Stato oltre che ai Lea concernenti i diritti civili e sociali anche a quelli per la tutela della salute. “Basterebbe scrivere ‘diritti socio-sanitari’ al posto di ‘diritti sociali’. Mi hanno contestato che i secondi includono i primi, ma allora perché si ha paura di esplicitarlo? La verità è che un diritto implicito è meno forte e quindi rischia di non venire salvaguardato come si deve – spiega l’on. Vargiu -. Lo Stato dovrebbe avere un ruolo di controllo riguardo all’erogazione dei Lea garantendone l’omogeneità su tutto il territorio nazionale e alle regioni dovrebbe spettare solo la programmazione e l’organizzazione dei servizi sanitari. Oggi succede che il cittadino calabrese se ne va a Milano per farsi curare e la Calabria paga le prestazioni dei medici lombardi, le pare giusto? Dobbiamo evitare le migrazioni interne e assicurare servizi uguali per tutti”.

Un ritocco alla versione originale dell’articolo 117 è stata fatta. Si tratta della modifica alla lettera m) sottoscritta da Renato Brunetta e approvata con 383 voti favorevoli e 50 no, che sostituisce l’espressione “servizi sociali” con “politiche sociali”, come segue: lo Stato ha legislazione esclusiva nella “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per la sicurezza alimentare e per la tutela e sicurezza del lavoro e per le politiche sociali”. Per Vargiu non è abbastanza: “Così siamo ancora al punto di partenza. Le associazioni di pazienti sono disperate. La sanità rappresenta la voce più importante nel bilancio delle regioni, il 70 per cento di quelle a statuto ordinario e il 50 di quelle a statuto speciale. Questo spiega la resistenza verso un eventuale azione perequativa dello Stato”. Oggi il ddl tornerà in Aula alla Camera, mentre il voto finale è previsto per il 10 marzo. “Abbiamo messo nell’ordine del giorno la richiesta che nei diritti sociali siano contemplati anche quelli sanitari, in modo che in caso di contenzioso il giudice abbia la prova” conclude Vargiu.

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