Dopo le voci provenienti da oltreoceano circa la volontà di Washington di rifornire di armi l’esercito di Kiev, Vladimir Putin mostra i muscoli. Il leader del Cremlino ha firmato un decreto per mobilitare per due mesi i riservisti. Lo riferisce la Tass citando il portale giuridico-legale del governo. Si tratta di una prassi ordinaria annuale, sottolineano gli esperti, ma non può essere letta se non nel quadro della crisi ucraina.

Anche se si tratta di una prassi ordinaria, inoltre, appare comunque singolare la coincidenza del decreto con l’avvio da parte della Nato del suo sistema di difesa collettiva per “rispondere alle minacce a est e sud”, tramite il via libera ad un aumento nella Forza di risposta della Nato (Nrf) “da 13mila a 30mila soldati” e per una forza di intervento rapido (spearhead) “da 5mila soldati“, come annunciato dal segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg.

Mosca torna anche sulla volontà espressa dagli Usa di armare Kiev. Possibili forniture di armi in Ucraina da parte degli Stati Uniti non inasprirebbero soltanto il conflitto nell’est del Paese, ma minaccerebbero anche la sicurezza della Russia, e potrebbero “danneggiare in maniera significativa le relazioni tra la Russia e gli Usa”, ha fatto sapere un portavoce del ministero degli Esteri russo, Alexander Lukashevich. “Siamo molto preoccupati per questi piani”, ha affermato Lukashevich, citato dall’agenzia di stampa Itar-Tass.

Sull’opportunità di inviare armi a Kiev i Paesi dell’Alleanza Atlantica si dividono. Da un lato la Casa Bianca, che dice di privilegiare la soluzione diplomatica ma di tenere aperte tutte le opzioni, compresa quella di armare meglio Kiev, come caldeggiato negli ultimi giorni da esperti e consiglieri della difesa americana. Se Washington scegliesse questa strada, potrebbe essere seguita dalla Gran Bretagna, dalla Polonia e dagli Stati Baltici, in prima fila nel denunciare l’aggressione russa. Il Canada, tradizionalmente vicino agli Usa, si è già chiamato fuori: oggi il ministro della Difesa, Robert Douglas Nicholson, ha affermato che Ottawa “continuerà con la fornitura di attrezzature non letali”.

In Europa è la Germania della cancelliera Angela Merkel a guidare il fronte del no, sostenuta da Francia e Italia: si teme una reazione russa e una ulteriore escalation del conflitto. Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, lo ha ribadito anche oggi: “In un momento in cui c’è una escalation, sarebbe una misura che ulteriormente la rafforza, un incentivo all’aumento della temperatura che invece dobbiamo assolutamente raffreddare”. E non è un caso forse se la Merkel e il presidente francese Francois Hollande hanno annunciato a sorpresa una visita a Kiev – in concomitanza con quella del segretario di Stato Usa John Kerry – dal presidente ucraino, Petro Poroshenko, e venerdì a Mosca per una controproposta ad un piano top secret del presidente russo. Un blitz che appare come un tentativo di sganciarsi dalla possibile fuga in avanti di Washington sulla crisi ucraina spegnendo la miccia che, secondo il premio Nobel per la pace Mikhail Gorbaciov, può trasformare l’attuale guerra fredda in una guerra “calda”.

Kerry a Mosca non andrà: quelli in programma nella capitale russa saranno dunque dei colloqui tripartiti, tra Russia, Francia e Germania, e il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha fatto sapere che si terranno a partire dalle 15 ora italiana. Putin, Merkel e Hollande discuteranno di particolari misure che potrebbero essere adottate dai loro tre Paesi “per contribuire alla rapida fine della guerra civile in Ucraina, che è significativamente peggiorata e ha portato a numerose vittime negli ultimi giorni”, ha detto Peskov.

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