Un “nuovo fascicolo della Procura di Reggio Emilia sulla discarica di Poiatica, dopo quello sulla presunta radioattività. A rivelarlo è il comitato di cittadini, che da mesi ormai si batte per la chiusura dello stabilimento, un sito da 2 milioni di tonnellate di rifiuti nel cuore verde dell’appennino reggiano. All’origine ci sono le denunce di “persistenti odori di gas misto a rifiuti”, arrivate a fine novembre. Sarebbero state soprattutto queste ultime segnalazioni, infatti, ad avere spinto i magistrati a condurre altri accertamenti, dopo quelli sui livelli di radioattività avviati in estate.

“Il biogas, quella puzza di gas metano, mista a rifiuti che si sente e invade la vallata è per noi un elemento di forte preoccupazione” raccontano gli attivisti in una nota. “Ci sono dentro componenti chimiche che si miscelano tra loro causando, a lungo termine e ad alti livelli, danni all’ambiente ma soprattutto alla salute. Nessuno può e sa dirci cosa e quanto esattamente abbiamo respirato in questi anni”.

Secondo quanto riportato dal comitato, quindi, il nuovo fronte d’indagine è legato alle esalazioni percepite da chi abita nei pressi dello stabilimento. L’allarme era scattato il 23 novembre. Anche se gli stessi disagi erano stati segnalati anche ad agosto, e situazioni simili sarebbero “all’ordine del giorno”.“Il 23 novembre abbiamo avvertito le autorità competenti per i persistenti odori entrando in discarica, segnalando e appellandoci alle istituzioni affinché andassero a fondo su una questione che è ambientale ma prima di tutto sanitaria”. Lo stesso giorno, tempestato dalle telefonate, si era attivato anche il sindaco di Carpineti, Tiziano Borghi, che insieme a un agente della Polizia municipale aveva deciso di fare un sopralluogo nella zona della discarica. Un visita dall’esito “non soddisfacente”, aveva fatto sapere nelle ore successive il Comune, per via di “rifiuti solidi urbani esposti all’aria e non adeguatamente coperti”.

Si apre così il secondo capitolo giudiziario della vicenda della discarica di Poiatica, uno sito di smaltimento rifiuti attivo dal 1995 e gestito da Iren Ambiente, in una vallata ricavata all’interno di una cava di argilla. Da mesi il sito è al centro delle contestazioni degli abitanti della zona, che riuniti in comitati di protesta (oltre a Fermare la discarica c’è anche il gruppo Ecologicamente), non hanno mai smesso di chiedere lo stop delle attività e l’annullamento del progetto di ampliamento con il sesto e ultimo lotto. Un fronte a cui si sono uniti anche i parroci locali, che in una lettera hanno definito la discarica una “cloaca nauseante”.

A luglio, per la prima volta, il caso era arrivato anche sul tavolo della magistratura, grazie a un esposto depositato dall’ex consigliere comunale Alessandro Davoli, in cui si parlava di parametri di radioattività sopra la norma e pericolosi per l’uomo. Dati smentiti da Arpa, l’Agenzia regionale per l’ambiente, ma su cui il procuratore capo, Giorgio Grandinetti, aveva deciso comunque di fare luce, per accertare l’assenza di qualunque pericolo.

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