Torre Guaceto è un’area marina di straordinario pregio naturalistico in provincia di Brindisi. In quanto tale, nel 2000 è stata istituita come riserva naturale statale. Questo vuol dire che, a causa di quel valore ambientale, Torre Guaceto è diventata patrimonio non solo della Provincia di Brindisi o della Regione Puglia, ma di tutto lo Stato italiano.

Da qualche giorno, uno spicchio di mare di Torre Guaceto riceve il poco onorevole afflusso di acque di fogna. La causa è la messa in funzione di un depuratore nel Comune di Carovigno; doverosa, anzi tardiva (era prevista 30 anni fa), giacché finalmente pone fine a una situazione che è difficilmente immaginabile per un paese europeo del 2014: lo scarico delle acque reflue di tre città (“trattate” in maniera non proprio impeccabile da due impianti di depurazione obsoleti) sostanzialmente nel sottosuolo.

Per sanare, però, “un’anomalia” (per ricorrere a una litote), se ne crea prontamente un’altra: le acque “trattate” dal nuovo e adeguato depuratore finiscono in un riserva naturale dello Stato. E le virgolette intorno al termine “trattate” sono ancora necessarie, purtroppo, giacché quelle che fuoriescono dal tubo di scarico in mare, ictu oculi,non appaiono proprio chiare, fresche e dolci acque. Tutto questo accade in una riserva nella cui zona più protetta non è possibile neanche fare il bagno per non alterare l’ecosistema marino.

Certo, l’Acquedotto Pugliese, che è il soggetto che gestisce il depuratore, denuncia un sabotaggio dell’impianto come unica causa di quello spettacolo granguignolesco di schiuma che avvolge le acque della riserva. Una denuncia sulla quale sono già in corso indagini giudiziarie e che, quindi, non è il caso di liquidare come meramente diversiva da parte di un ente che vede alcuni suoi dipendenti indagati per aver avviato il depuratore in mancanza di alcune dovute autorizzazioni; ma, anche per questo, non è neanche il caso, al contrario, di prendere per oro colato la ricostruzione dei fatti proposta dallo stesso Acquedotto.

Ciò posto, lascia, comunque, “perplessi” (per continuare con gli eufemismi) il fatto che la Regione Puglia abbia autorizzato l’esercizio dello scarico “provvisorio” delle acque reflue provenienti dal depuratore.

Giacché, sabotaggi a parte, l’idea, in sé, di far scaricare un simile prodotto, non proprio di pregio, in una riserva naturale denota un approccio culturale quantomeno “di basso profilo” al concetto stesso di area protetta, e conseguente di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, da parte dei tecnici e dei politici che quella decisione hanno adottato.

Considerazione questa che vale tanto più quanto più si pensi, anzitutto, che vi erano alternative tecniche per evitare lo scempio.

In secondo luogo, che questa stessa geniale intuizione di far scaricare acque di fogna a Torre Guaceto era già stata formalizzata dalla Regione Puglia con una Determinazione del 2012, e, una volta sottoposta alla Giustizia Amministrativa era stata da questa seccamente bocciata, tanto da indurre poi lo stesso Ente regionale a convocare un tavolo tecnico con tutti i soggetti interessati al fine di individuare soluzioni alternative (e condivise).

Nonostante tutto questo, un mese fa la Regione ha nuovamente autorizzato lo scarico, con i mirabili risultati ecologici e paesaggistici che sono facilmente visionabili in rete; e, a quasi una settimana dal trionfale arrivo dei primi reflui nel mare della riserva marina, da Bari e dal presidente Vendola in particolare, pure direttamente interpellato con una petizione online, non arrivano segnali di vita.

Nel 1969, commentando sul Corriere della sera la legge istitutiva del primo Parco naturale nel Trentino, Antonio Cederna, uno dei padri nobili dell’ambientalismo italiano, evidenziava “l’affermazione che l’importanza naturalistica di quei parchi richiede il divieto di ogni intervento umano, così da non alterarne la loro ‘predisposizione alla contemplazione e al silenzio’ e garantire il miglior ambiente possibile alla ‘ricreazione pubblica ed elevazione spirituale’.

Certe tristi vicende insegnano che sarebbe regola aurea per molti uomini di governo e di pubblica amministrazione, prima di effettuare qualsivoglia intervento normativo o amministrativo che riguardi un’area protetta, recarvisi e provare, nei limiti del loro possibile, a star lì per un po’ in contemplazione e in silenzio.

Forse ne trarrebbe giovamento la loro elevazione spirituale.

E, dunque, la loro attività politica e amministrativa.

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