L’ennesima fumata nera, la quindicesima per la precisione. Si è risolta in un nulla di fatto l’elezione di due giudici costituzionali da parte del Parlamento in seduta comune tenuta in serata. Nessun candidato ha raggiunto il quorum richiesto dei 3/5 dei componenti dell’Assemblea, pari a 570 voti. Servirà una nuova votazione, la sedicesima. Su 766 voti, ci sono state 575 schede bianche, 83 nulle e 44 voti dispersi. Violante ha ottenuto 26 voti, Rescigno 22, Bruno 19, Carlassare 18, Ainis e Pace 9. Una nuova seduta comune del Parlamento è convocata per giovedì alle 9.

A nulla è servito l’appello lanciato questa mattina da Giorgio Napolitano alle forze politiche. “Il mio auspicio è che ci sia una fumata bianca” per i due giudici della Corte Costituzionale che il Parlamento è chiamato ad eleggere, scandiva il presidente della Repubblica nel suo intervento al Csm dopo l’elezione di Giovanni Legnini a vicepresidente dell’organo di autogoverno della magistratura. Ma di bianco nella votazione a Montecitorio sono arrivate solo le schede. Come annunciato in giornata, parlamentari di Pd e Forza Italia hanno votato scheda bianca

 Se ne era cominciato a parlare in mattinata: “Il Pd darà l’indicazione ancora di scheda bianca” per l’elezione dei membri della Consulta prevista oggi, diceva il responsabile Riforme della segreteria Pd, Emanuele Fiano, sottolineando che per oggi c’è “una sospensione” ma “confidiamo poi in una soluzione a cui il Pd sta lavorando”. L’ufficialità è arrivato per bocca di Roberto Speranza: “Violante resta il nostro candidato” ma “oggi il Pd vota scheda bianca, perché c’è bisogno di un ulteriore momento di confronto tra le forze parlamentari”, ha fatto sapere attorno all’ora di pranzo il capogruppo del Pd alla Camera. Poco dopo anche l’ufficializzazione della linea da parte di Forza Italia: “Fi voterà scheda bianca”, come anticipato ieri da IlFattoQuotidiano.it. Sulla stessa linea anche Ncd e Movimento 5 Stelle: “Per Consulta voteremo scheda bianca, ma per motivi opposti al Pd. Noi vogliamo nomi illustri e terzi dalla politica, loro soldati di partito”, scrive il deputato Danilo Toninelli su Twitter

La stessa cosa era accaduta la scorsa settimana, martedì 23: il Pd si era detto indisponibile a votare il candidato di Forza Italia, Donato Bruno, indagato a Isernia per un incarico come curatore fallimentare (come rivelato dal Fatto), e per salvare la candidatura di Luciano Violante aveva raggiunto un accordo con i vertici di FI: scheda bianca e avanti con le trattative per tirar fuori un nuovo nome al posto di Bruno. 

Un fronte trasversale pare ora crearsi attorno al nome del giurista Pietro Rescigno., che oggi ha ottenuto 22 voti. In mattinata Franco Monaco (Pd) chiedeva ai candidati un passo indietro: “Anche per cavare dall’imbarazzo i partiti che li hanno proposti e aprire la strada a candidati autorevoli e indipendenti più agevolmente suscettibili di raccogliere un largo consenso. Tipo quello di Pietro Rescigno, giurista tra i più eminenti”. Il cui nome era stato proposto da un gruppo di deputati di “Popolari per l’Italia” e che si assicurerebbe anche alcuni voti del Nuovo CentroDestra. Tra i più importanti giuristi italiani, Rescigno è emerito di diritto civile alla Sapienza di Roma: ha insegnato anche Diritto commerciale a Macerata, Diritto del lavoro a Pavia, Diritto privato comparato a Bologna e Legislazione del lavoro e tecnica sindacale nell’università Bocconi a Milano.

A nulla sono serviti gli appelli del capo dello Stato e dello stesso presidente della Consulta, Giuseppe Tesauro, che in una intervista pubblicata questa mattina dal Corriere della Sera avvertiva: “Lo spettacolo che si sta dando in Parlamento si riverbera in modo molto negativo sull’immagine della Corte, come se fosse diventata terreno per scorribande politiche. Con il rischio di invischiare anche Napolitano, che dovrà a sua volta nominare due di noi”. “Vogliono riflettere molto? Benissimo. Ma si poteva fare anche con discrezione – rileva ancora Tesauro – la Corte è diventata oggetto di una retorica anti-istituzionale, vittima di una cattiva e ingiusta considerazione, che va dai nostri compensi alle decisioni stesse della Consulta”.

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