“E’ necessario fermarsi, ci sono state troppe vittime” sento distrattamente al Tg. Stanno parlando del conflitto tra israeliani e palestinesi, evito appositamente di chiamarla guerra, per farlo ci dovrebbe essere una proporzione delle forze in campo che è evidente non sussiste.

Quel “ci sono state troppe vittime” mi entra in testa, qualcosa non mi torna e mi inquieta. In un primo momento, non ho chiaro cosa, ma alla fine mi rendo conto dell’origine del disagio che mi nasce da quell’espressione. L’uso del linguaggio è importante, attraverso di esso puoi modificare la realtà quel tanto che basta perché possa tornare maggiormente utile a determinati scopi, sapientemente (o forse furbescamente) utilizzato può cambiare radicalmente le prospettive di chi è chiamato a farsi un’opinione.

Rifiuto categoricamente l’espressione “troppe vittime”, non esistono “troppe vittime”, ma solo vittime. Il fattore numerico, ovviamente da tenere in considerazione, rischia però di offuscare l’azione in sé che non è qualificata dal numero il quale ne espone solamente la frequenza. Anche una sola vittima è già “troppe vittime”, sempre.

Non bisogna fermare un conflitto perché “ci sono state troppe vittime”, ne basta una per stimare correttamente quel che sta avvenendo e prendere gli eventuali necessari provvedimenti. Certo è che ne faccio un discorso di principio, calato il tutto nella realtà spesso non troviamo una operatività concreta di risoluzione del problema, neanche quando i numeri sono consistenti, ma questo non toglie valore al concetto che penso sia necessario debba passare.

L’espressione da me incriminata sembra quasi lasciar intendere che ci sia un numero accettabile di vittime, superato il quale il tutto diventa non più sopportabile, ma quel che non lo è davvero è la possibilità di togliere il valore della sofferenza anche di una singola vittima, se non è accompagnata da quella di tante altre. Potrebbero sembrare sfumature, ma il diavolo si nasconde nei dettagli.

Quando parliamo di violenza, dobbiamo avere ben chiaro che la quantità è un dato importante, ma non è l’azione in sé. Lo stesso deve valere quando parliamo di violenza sulle donne, anche una singola donna violata è “troppe vittime”. Dobbiamo avere chiara la consistenza di un fenomeno quale può essere la violenza di genere e per farlo i dati numerici dovrebbero essere raccolti correttamente e divulgati, ma non c’è una soglia accettabile dopo la quale l’urgenza aumenta, soprattutto nel momento in cui siamo consapevoli che il fenomeno è culturale, sociale e strutturale e noi questo, in merito alla violenza di genere, possiamo darlo per assodato.

La violenza è tale per quel che porta dentro di sé, una singola vita persa non è qualitativamente inferiore a quella di milioni di vittime. Il dolore di una perdita non si misura nei numeri che la seguono subito dopo, ma nella ferita che le è stata inferta.

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