Le aziende di telecomunicazioni europee stanno lottando per competere nel mercato digitale a livello mondiale. Ma fanno pochi profitti e continuano a investire molto meno rispetto ai loro omologhi statunitensi. Un’analisi di Recon Analytics evidenzia che gli Usa nel 2013 hanno speso 109 dollari pro capite per creare una nuova infrastruttura a banda larga di ultima generazione (LTE). In Europa ne abbiamo investiti solo 54 a testa. Questo è chiaramente dovuto al quadro regolamentare che non crea incentivi, ma anche al fatto che la maggior parte delle aziende europee sono presenti su molti mercati esteri e dunque hanno poche risorse da dedicare al vecchio continente. Mentre i big statunitensi e asiatici prima hanno rafforzato con enormi investimenti le proprie infrastrutture, e solo dopo hanno cominciato a pensare all’espansione internazionale. Non per niente gli Stati Uniti sono stati capaci di attrarre due grandi aziende come Deutsche Telekom e Softbank, senza contare il colosso América Movil, il cui “operatore virtuale di rete mobile” TracFone conta negli Usa 20 milioni di utenti. 

Un unico operatore Usa, AT&T, negli ultimi sei anni ha messo sul piatto ben 119 miliardi. Venti solo l’anno scorso, quando le società di tlc dei primi cinque mercati dell’Unione europea hanno investito 16 miliardi di dollari tutte insieme. Cifre che dovrebbero preoccupare i politici e i cittadini europei, perché nel breve e medio termine la nostra rete sarà meno efficiente e più lenta. Ma allo stesso tempo saranno necessari più servizi e un sempre maggiore utilizzo di dati.

Il tutto in un settore, quello delle telecomunicazioni appunto, che l‘economia di Internet ha completamente rivoluzionato, rendendo la concorrenza globale un fattore chiave. Le “classiche” telco non sono più solo in competizione tra loro, ma devono vedersela anche con aziende come Facebook (che controlla WhatsApp), Google, Apple (con Facetime o i suoi iMessages) e Microsoft (con Skype). Una realtà che incide sullo stesso modello di business degli operatori. Non per niente le fusioni tra grandi e piccole aziende sono in aumento. Ma, mentre il mondo dei nuovi servizi si consolida rapidamente, quello delle Telco fatica. Eppure, vista la forte pressione competitiva, la necessità di un mercato unico digitale in Europa è evidente. Un mercato unico, con le conseguenti economie di scala, può guidare gli investimenti, sempre più importanti per lo sviluppo delle reti di nuova generazione e per i servizi di telefonia mobile e fissa. L’Europa è in ritardo, come visto, rispetto agli Usa, ma la superano di molte distanze anche la Corea del Sud e il Giappone, leader nel mercato della telefonia mobile. Per non parlare degli operatori cinesi, forti ormai non solo nella produzione di dispositivi, ma anche nei servizi di fornitura. Alibaba solo è l’ultima case history di successo. 

Ma non solo: unificare mercati e regolamenti favorirebbe da un lato le fusioni tra settori e tra Paesi, dall’altro una competizione orizzontale tra i player di tutto il mondo e una competizione verticale tra le società di internet e di altri settori. Invece di preoccuparci degli investimenti provenienti dall’esterno, insomma, dovremmo incoraggiarli. Perché offriranno grandi opportunità all’economia europea e contribuiranno alla creazione di posti di lavoro. E l’alternativa è un’Unione europea che resta in retroguardia nell’economia mondiale digitale.

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