Il Movimento 5 Stelle ha chiesto le dimissioni di Angelino Alfano in seguito al tweet pubblicato dal ministro dell’Interno per dare la notizia del fermo di Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto omicida di Yara Gambirasio. Nel dare la comunicazione, infatti, il responsabile del Viminale non ha tenuto conto della presunzione di innocenzaDopo essere stato attaccato da L’Unità, che ieri in prima pagina lo ha definito “presunto ministro”, ora il responsabile dell’Interno finisce nel mirino del blog di Beppe Grillo, dove questa mattina è intervenuto con un post Lello Ciampolillo, senatore M5S. “Una nuova impresa del nostro brillante ministro dell’interno Angelino Alfano che, dopo il caso Shalabayeva, riconquista gli onori della cronaca per una clamorosa svista istituzionale”, scrive il parlamentare 5 Stelle.

“Il giovane ex rampollo di Berlusconi, difatti, pur di millantare meriti non propri, ha rivelato notizie riservate in merito alla svolta investigativa nel drammatico omicidio della povera Yara”. Secondo Ciampolillo l’errore di Alfano sarebbe riconducibile a “una sconcertante ansia di visibilità” che “costituisce un’ulteriore indecorosa pagina di inadeguatezza di un personaggio politico che, ormai, non può che rassegnare le dimissioni o, in alternativa, essere sfiduciato e mandato a casa”. Poi conclude: “Il M5S aveva già chiesto le dimissioni di Alfano con una mozione di sfiducia. Oggi i cittadini hanno conferma della bontà di quella iniziativa e della assoluta incapacità di questa maggioranza di governo”. Sul tweet di Alfano è intervenuto anche il procuratore capo di Bergamo, Francesco Dettorisecondo cui “era intenzione della Procura mantenere il massimo riserbo, anche a tutela dell’indagato in relazione al quale, secondo la Costituzione, esiste la presunzione di innocenza“. Ma lui ha ribattuto: “L’opinione pubblica doveva essere rassicurata”.

Il Movimento 5 Stelle ha già chiesto in altre due occasioni le dimissioni del ministero dell’Interno; la prima mozione era arrivata in seguito allo scoppio del caso Shalabayeva, la seconda nei giorni che seguirono gli scontri prima della finale di Coppa Italia nel maggio scorso. Come riferì Roberta Lombardi in quell’occasione, le motivazioni erano riconducibili “all’incompetenza nella gestione dell’ordine pubblico” prima e durante la partita e la “manifesta o voluta negligenza per il caso di Dell’Utri, nonché sul caso Shalabayeva”.

 

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