Puntare su qualità e legalità per valorizzare il made in Italy agroalimentare. E’ questo il messaggio della Flai Cgil che oggi ha presentato il secondo rapporto sulle Agromafie e il caporalato. “Fenomeni ben radicati nel nostro Paese, non solo nel meridione – afferma Stefania Crogi, segretario generale della Flai Cgil – che minano un settore che potrebbe essere il volano per la crescita del Paese”. L’indagine condotta dall’Osservatorio Placido Rizzotto ha esaminato 18 regioni e 99 province. Si calcola un danno all’economia pari a 12,5 miliardi e un mancato introito di contributi per il lavoro nero pari a 600 milioni di euro l’anno. Per non parlare dell’impatto della contraffazione alimentare, aumentata del 120 per cento. L’introduzione nel codice penale dell’articolo 603 bis che punisce il caporalato ha migliorato la situazione. “E’ stata una vittoria del sindacato, sono aumentate le denunce dei lavoratori – afferma Roberto Iovino, tra i curatori del rapporto – ma serve creare una rete di servizi pubblici per scardinare la centralità del caporale e punire anche le aziende che sfruttano i lavoratori stranieri, senza colpire solo gli intermediari”. Come raccontano le diverse testimonianze riportate nel rapporto, il caporale non solo ha il compito di mettere in piedi le squadre di lavoro, ma offre servizi, acqua potabile, un passaggio e un’abitazione che si fa pagare a caro prezzo. Molti lavorano più di 12 ore nei campi senza bere, con gravi rischi per la salute. La Flai Cgil ha presentato anche un disegno di legge per mettere in rete domanda e offerta e garantire una maggiore trasparenza nel lavoro stagionale. “Renzi punti sulla legalità per far ripartire questo settore e il Paese” chiosa il segretario Crogi di Irene Buscemi
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