Ho conosciuto Peppe Lanzetta in un’altra mia vita. Raccontava di un ragazzo che voleva fare l’aviatore, morto con una siringa nel braccio. Da allora ci siamo voluti sempre bene, con le nostre vite che hanno continuato ad incrociarsi di tanto in tanto. Lui, forse, più coraggioso di me a restare in quella terra: tormento ed estasi. E questa lettera, scritta da lui dopo l’uccisione di un ragazzo di 22 anni durante un tentativo di rapina, andrebbe letta. E andrebbe ascoltata. Per questo, per quello che vale, gli cedo volentieri il mio spazio, precisando, per evitare di evitare polemiche che allontanano dal vero obiettivo dello scritto, che Peppe non scrive a Matteo Renzi per attaccarlo, ma in qualità di Presidente del Consiglio.

Caro Renzi,

è una domenica con un pallido sole.
Ieri un altro giovane di 22 anni è stato ucciso durante una rapina a Qualiano, provincia di Napoli, dove Cristo non è mai passato, dove Che Guevara non è mai arrivato, dove oggi si piange e si muore. 
E noi siamo stanchi di piangere un altro ragazzo difficile, carnefice e vittima allo stesso tempo di un tempo più grande di lui, più bastardo, più difficile, più enigmatico e che lui come tanti altri ragazzi difficili non ha saputo interpretare se non con l’unico modo che gli avranno inculcato, la violenza, credendo che rapinando ci potesse essere la risposta al suo male di vivere, ai vuoti incolmabili che si portava dentro.
Quando si parla del Sud si parla prevalentemente di orrori e miserie, noi siamo stanchi, oggi io che non conoscevo questo ragazzo piango. E come mamma Roma di Pasolini, quella splendida Anna Magnani urlo ai potenti: la colpa è vostra! Cosa fate di concreto per questi giovani? Perché li abbandonate? Perché non provate anche con una task force dell’anima a sentire i loro disagi, i loro tormenti?
Poteva essere figlio suo o figlio mio o figlio di quella madre che adesso si dispera. 
Il Sud non sono solo voti, 8o euro, promesse di cambiamento. I nostri ragazzi stanno andando via, quelli che rimangono muoiono sotto i colpi di altre vittime trovatesi al posto sbagliato al momento sbagliato. 
Un urlo si leva alto: Basta! 
Restituite i sogni a questi maledetti benedetti giovani, cercate di interpretare il perchè del loro vivere asfittico e ansimante, dannato già a ventidue anni. Lei è venuto nella Sanità, il quartiere simbolo della città di Napoli. Lei va a Bruxelles, a Strasburgo, a Berlino dalla Merkel, ora ha tanto da fare per rimettere in piedi questo paese. Ma faccia lo sforzo più grande: cerchi di monitorare questa situazione scappata di mano che lascia cadaveri per terra, figli di fiori mai cresciuti, ragazzi che non diventeranno mai padri e che non sapranno che sapore avrà quest’estate; il Sud è rabbia e amore, è lotta e disperazione. Non è solo Gomorra e siamo stanchi di essere accomunati solo ed esclusivamente al Male.
In queste zone da cui scrivo non ci sono teatri, cinema, punti di aggregazione, centri di ascolto, ci sono comuni commissariati e desolazione che si taglia col coltello. Date una speranza a questi ragazzi, aiutateli scendendo sul loro campo, laddove le famiglie non hanno più strumenti, tempo, danari e competenze per tirarli su come si deve.
Da anni mi spendo su questi territori ma il mio urlo si perde nel vuoto, perché la poesia muore sotto i colpi di una pistola d’ordinanza, dietro la prima raffica di vento, sotto l’indifferenza generale di chi si è ormai abituato all’orrore e non sa più cosa voglia dire la bellezza.
Morti no, per favore, non ne vogliamo più.

Con stima e affetto Peppe Lanzetta 

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