Weixin? Ovvio che non lo censurano. Mica sono interessati a quello che gli amici si dicono tra loro”, ci diceva qualche tempo fa Will Tao, esperto di internet marketing. Detto fatto: in barba alle sue previsioni, le autorità cinesi hanno appena annunciato un giro di vite di un mese su WeChat/Weixin, la popolarissima applicazione di messaggistica istantanea prodotta da Tencent Holdings, ormai famosa anche in Occidente grazie a una pubblicità che ha come testimonial il campione del Barcellona Leo Messi. A riportare la notizia sono stati i media di Stato.

WeChat, il cui nome cinese significa micro-messaggio, è diventato a velocità record una fonte di notizie per gli utenti di telefonia mobile e funziona con una sorta di passaparola. A differenza dei popolari servizi di microblogging, come Sina Weibo – il “Twitter cinese” – dove i messaggi possono raggiungere milioni di persone in pochi minuti, WeChat permette agli utenti di comunicare tra gruppi ristretti di amici e di inviare messaggi di testo e vocali gratis, ingrediente fondamentale del suo successo.

Per comprendere meglio la popolarità dell’applicazione, basta pensare che nelle metropoli cinesi ormai nessuno chiede più l’indirizzo email o il numero di cellulare. La via preferita è il contatto WeChat, che si ottiene con la scansione reciproca del cosiddetto “codice Qr”, contenuto nell’applicazione, o attraverso il gesto un po’ comico di scuotere i due smartphone in contemporanea per farli entrare in contatto tra di loro. Stiamo parlando di circa 600 milioni di utenti globali di cui almeno tre quarti abitano in Cina. “Da un punto di vista del marketing – spiegava Tao – Weibo è come un giornale, un’emittente a tutta la popolazione, mentre Weixin è come una rivista o un cavo tv, perché ha a che fare con piccoli gruppi di persone con la stessa idea di qualcosa”.

WeChat rappresenta la chiusura dei cinesi nel proprio guanxi: parola magica, oltre Muraglia, per designare la cerchia dei parenti e delle amicizie. La famiglia allargata. Apparentemente, un riflusso nel personale dopo i gloriosi anni di Weibo. Ma il personale è anche la dimensione in cui le idee si coltivano, in cui si “ciacola”. Le avvisaglie c’erano già state a marzo, quando numerosi account accusati di diffondere contenuti sociali o politici erano stati chiusi. “Alcune persone stanno utilizzando questa piattaforma per diffondere informazioni negative, nocive o illecite al pubblico, danneggiando seriamente il sistema di internet e l’interesse pubblico” scrive oggi il governativo China News Service.

Weixin è accusato di diffondere indiscrezioni e pericolose idee di violenza, terrorismo e sesso. Inoltre, tramite i messaggini qualcuno attuerebbe truffe telematiche. E poi, come al solito, si citano le forze ostili “straniere” che si intrufolano e cercano di sabotare lo sviluppo pacifico della Cina. È probabile che le attenzioni della censura si concentreranno ancora su account che contano numerosi contatti, la capacità quindi di “comunicare e mobilitare la società”, dice l’articolo di China News Service.

Il Partito Comunista ha lanciato l’anno scorso una campagna per regolamentare (controllare) il dibattito online, minacciando azioni legali contro chiunque posti indiscrezioni che siano ripubblicate da altri per più di 500 volte, o che siano viste da più di 5mila persone. Quanto all’ultimo giro di vite, il fatto che il 25esimo anniversario di Tian’anmen sia dietro l’angolo, non è ovviamente menzionato.

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