Diciamo subito che la maglia rosa è traslocata dalle trentasettenne spalle dell’australiano Cadel Evans a quelle più minute del ventisettenne colombiano Rigoberto Uran Uran, il quale, l’anno scorso fu secondo alle spalle di Vincenzo Nibali. Il risultato ha sorpreso un po’ tutti: è stata infatti, quella da Barbaresco a Barolo, un’ubriacante tappa a cronometro in cui ha fatto irruzione una nuova categoria di specialisti, i cronoscalatori, che hanno matato i cronomen tradizionali. Il Giro da australiano si fa colombiano, e rischia di restare tale: sabato e domenica le strade s’impennano, la settimana successiva è un vortice di arrampicate dalle pendenze micidiali, e in mezzo, prima del totem Zoncolan, c’è una cronoscalata. Tutto pane e companatico dei ciclisti di Colombia, abituati a dislivelli andini anche per andare a scuola.

Uran Uran ha relegato in classifica generale a 3 minuti e 29 secondi il connazionale Nairo Quintana, che si era presentato con i crismi e sacrismi del favorito numero uno. Nairo ha problemi respiratori, si è scoperto, anzi l’ha confessato lui stesso, per giustificare la prova opaca: Rigoberto, invece, è in forma smagliante. Si vedrà quanto già sabato, al santuario d’Oropa. “Vedrai che uno arriverà”, è il titolo del libro che Alessandra Giardini – bravissima giornalista di Stadio – ha scritto con Giorgio Burreddu (Absolutely Free editore, 2014). Appunto, sabato vedremo che qualcuno arriverà, su in cima, e speriamo che sia un uomo solo al comando. Il ciclismo ha necessità disperata di luoghi mitici e di imprese epiche. Chissà se Uran Uran è corridore capace di resuscitare le audience sinora modeste del Giro: un campione è grande se ha grandi avversari. Ma a questo Giro, ci sono grandi avversari? Sinora, calma quasi piatta. Aspettiamo dunque la montagna seria: è giudice impietoso. Tra Giro e grandi montagne c’è una lunga storia d’amore.

Pure con le colline, come queste del Nebbiolo, il Giro ha grande affetto. Ed effetto. E’ come i primi titubanti approcci a pendenze e profili altimetrici che promettono inferno e paradiso. Incrocio tra le viuzzole del centro di Barolo un abbronzatissimo Claudio Chiappucci che quando furoreggiava tra i professionisti era chiamato il Diablo. Ora accompagna vip in bicicletta, ha appena concluso il percorso di tappa, “duro e molto bello”, in tempo per concedersi un po’ di riposo, “e di pace”. Gli piace il vino, come a tutti noi.

Pochi metri più in là, leggo un volantino appiccicato sulla vetrina di un’enoteca, annuncia “Sorsi di pace”. S’intende, sorsi di rossi straordinari (anche nei prezzi). Caro Claudio, gli dico, il vino invita all’amicizia, non all’agonismo. Tanto per capirci, da queste parti quando si accenna al Tour non si pensa a quello della maglia gialla, ma al tour…”degustibus”, in programma da domani a domenica in quel di Cuneo: “La manifestazione si effettuerà anche in caso di maltempo”, si sono preoccupati di far sapere gli organizzatori.

Mentre noi suiveurs eravamo immersi in generose degustazioni di Barolo del 2007, ottima annata, i 176 superstiti della corsa rosa affrontavano una più sobria e virtuosa lotta, non contro i rischi dell’ebbrezza, ma contro lo scandire impietoso del cronometro, e imprecavano per la malasorte di una dispettosa e irriverente pioggerellina che rendeva l’asfalto maledettamente scivoloso. Abbiamo scoperto, per esempio, l’utilità dei guardrail: vai a sbatterci, come è successo allo svedese Tobias Ludvigsson, e lo sorvoli con un perfetto salto fosbury. Impressionante. Tobias si è dovuto ritirare, come Chris Anker Sorensen.

Può succedere, se pedali su una bici molto particolare come quella da cronometro. Curve, controcurve, sbandate controllate, cambi repentini di direzione (c’era nel finale una curva strettissima di 270 gradi!). Non tutte le cinquemila pedalate, tante erano quelle che occorrevano per completare il tracciato di 41,930 chilometri, possono essere sempre perfette. Ne sa qualcosa Cadel Evans, che ha perso la linea più di una volta e ha lisciato un bordo strada. Più concentrato e determinato, il rivale Rigoberto Uran Uran detto Ciccio ha dato progressione alla sua corsa, e rifilato un minuto e 34 secondi al maturo Evans, terzo all’arrivo.

La geopolitica del ciclismo internazionale lascia agli italiani posizioni di rincalzo, eppure su queste strade che deliziano gli enofili di tutto il mondo si sono ben comportati: Diego Ulissi addirittura secondo, Gianluca Brambilla quinto, Domenico Pozzovivo nono, Dario Cataldo undicesimo. Tutti giovani. Da notare la stupefacente prestazione collettiva della Omega Pharma-Quick Step: Uran primo, Brambilla quinto, Wouter Poels sesto, il belga Thomas De Gendt ottavo. Osservo che la Omega Pharma ha sede a Nazareth (quella in Belgio). Miracoli a parte, segnalo che la maglia nera è Svein Tuft, il canadese che è stato la prima maglia rosa di questo Giro 2014. Corsi e ricorsi.

Articolo Precedente

Blatter lancia la sua quinta candidatura con un film sulla Fifa (pagato dalla Fifa)

next
Articolo Successivo

Finale Champions League 2014: Atletico al completo, Real no. Ma Madrid ha già vinto

next