E’ arrivata al deposito di Casalecchio la protesta dei facchini del magazzino Ikea di Piacenza, da mesi in lotta contro alcune delle coop che gestiscono il personale della logistica del colosso svedese. Dopo la manifestazione di sabato a Piacenza, dall’alba manifestanti (oltre ai lavoratori, il sindacato Si Cobas e i collettivi Cua e Crash) presidiano e bloccano l’accesso merci al deposito (non al negozio) Ikea, dove è stata spostata parte dell’attività di quello di Piacenza.

Nel pomeriggio, dopo il presidio all’esterno del deposito, una trentina di manifestanti sono entrati nel negozio di Casalecchio. Hanno attraversato i vari reparti, gridando al megafono le ragioni della protesta e esibendo bandiere e uno striscione con la scritta: ‘Boicotta Ikea, la lotta non si ferma‘. Secondo Marco, attivista del laboratorio Crash che ha partecipato al presidio, “Ikea scarica le responsabilità sulle cooperative, ma è responsabile di quello che succede. E a Piacenza, insieme ai sindacati confederali, è responsabile anche del tentativo di mettere gli operai gli uni contro gli altri”.

La lotta tra operai e sindacati che si trascina da mesi. L’ultimo motivo del contendere: 33 lavoratori, tutti dipendenti di una cooperativa appaltatrice, la San Martino, e tutti iscritti al sindacato Si Cobas (il cui leader Aldo Milani, proprio un anno fa a seguito di tafferugli, ha ricevuto dalla Questura un foglio di via da Piacenza per tre anni), sospesi con l’accusa di aver bloccato il lavoro nel deposito mettendo in pericolo la sicurezza di tutti i lavoratori. I fatti si riferiscono al 14 aprile, ma solo pochi giorni fa sono state notificate le sospensioni, con modalità che vengono contestate dai lavoratori stessi: “Ci hanno chiamato o mandato sms due ore prima di entrare al lavoro – hanno spiegato mostrando i cellulari – annunciando che eravamo sospesi e che dovevamo passare negli uffici amministrativi per ritirare le raccomandate di sospensione”.

La protesta del 14 aprile all’interno dello stabilimento di Piacenza era stata indetta dai Si Cobas per sostenere un lavoratore italiano, 48 anni, piacentino, che dopo sei anni come carrellista non era più stato ritenuto idoneo ed era stato “retrocesso” al ruolo di facchino. L’azienda accusa i partecipanti alla manifestazione di aver “bloccato le baie di carico e scarico fermando il lavoro” e di aver “prodotto gravi situazioni di pericolo per gli altri operatori che cercavano di proseguire l’attività lavorativa”. I manifestanti sostengono una versione ben diversa dei fatti: “E’ stata una manifestazione pacifica durata mezz’ora – dice Mile Pojrazov, macedone, moglie e un figlio – tutto secondo le regole sindacali, avevamo avvertito il giorno prima i nostri dirigenti. Non c’è stato alcun blocco del lavoro. Non abbiamo minacciato nessuno, ci siamo solo fermati”. Gli operai che protestano sostengono che nel ‘Deposito 1’ di Ikea – a 500 metri di distanza e in gestione ad un’altra cooperativa – le regole contrattuali sarebbero diverse e migliori.

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